CONSIGLIATO:
La meditazione è un cammino verso l'eternità. Ed è un viaggio senza fine, eterno, nel senso che la porta si apre e continua ad aprirsi... fino a divenire l'universo. La meditazione sboccia e fiorisce, e continua a farlo fino ad abbracciare il cosmo intero nella sua fioritura. Il viaggio è eterno: inizia, ma non ha mai fine. Non ci sono gradi di illuminazione. Una volta conseguitala essa è presente. È come tuffarsi in un oceano di sensibilità. Saltate, divenite tutt’uno con esso, come una goccia che cade nell'oceano e vi si confonde, ma ciò non significa che abbiate conosciuto tutto l'oceano. Il momento è assoluto: è il momento in cui l’ego viene abbandonato, L'istante dell’eliminazione dell'Io, l’attimo della morte dell’ego. È assoluto e totale. Per quanto vi riguarda è perfetto. Ma per quanto riguarda l’oceano (per quel che concerne il divino) si tratta soltanto di un momento iniziale, l’inizio di un processo che non avrà mai fine. Vi è una cosa da ricordare: l'ignoranza non ha principio,ma ha un termine.
Non riuscirete mai a scoprire dove ha avuto inizio la vostra ignoranza. Ve la trovate accanto da sempre; da sempre essa vi circonda. Non ne scoprirete mai l'inizio: non c’è principio. L'ignoranza non possiede un punto iniziale, ma ha un termine. L’illuminazione comincia, ma non finisce mai. I due punti vengono a coincidere; sono in realtà lo stesso. L’inizio dell'lluminazione e la fine dell’ignoranza coincidono. È un unico punto, un punto pericoloso a due facce: l'una è rivolta a un'ignoranza che dura da sempre e l’altra all’inizio di un’illuminazione che non avrà mai fine.
Conseguite cosi l'illuminazione, eppure non la raggiungete mai. Pervenite ad essa, vi ci immergere, divenite tutt'uno con essa, eppure l’ignoto è sempre là, nella sua immensità. È questa la sua bellezza e il suo mistero.
Se con l’illuminazione tutto divenisse noto, non ci sarebbe più alcun mistero. Se cosi fosse, l’intera faccenda diverrebbe sgradevole. Dissolto completamente ogni arcano, tutto sarebbe morto. L’illuminazione non è « conoscere » in questo senso. Non è conoscere come suicidio. È conoscere come apertura a sempre maggiori misteri. « Conoscere » significa quindi avere nozione del mistero, esserne consapevoli. Non significa averlo risolto una volta per tutte: l’illuminazione non è il possesso di una formula matematica per cui tutto ora vi è noto. Il conoscere dell’illuminato significa piuttosto essere giunti al punto dove il mistero è divenuto definitivo.
Avete riconosciuto che questo è il fondamento di ogni mistero; l’avete conosciuto come mistero esso stesso. Ora l'arcano è divenuto tale che non avete più alcuna speranza di risolverlo. Ora lasciate ogni speranza. La vostra, però, non è sfiducia, non è disperazione. Avete soltanto compreso la natura del mistero.
L’arcano è tale da essere insolubile; il mistero è tanto fitto che è assurdo finanche sforzarsi di svelarlo. Cercare di far luce in esso con i mezzi dell’intelletto non ha senso. Siete arrivati al limite delle vostre possibilità razionali. L’intelletto ora cede le armi e si comincia a conoscere. È qualcosa di completamente diverso dal conoscere scientifico. La parola « scienza » significa - è vero - acquisizione di conoscenza, ma qui il senso è quello di penetrare a svelare gli arcani, mentre il conoscere religioso significa assolutamente l’opposto. Non si tratta, in esso, di indagare e rendere manifesta la realtà; tutt’altro. Anche quanto già si conosceva ridiventa in questa dimensione misterioso, comprese le cose di tutti i giorni sulle quali eravate certi, assolutamente certi, di sapere tutto. Ora perfino la porta è scomparsa. Tutto, in un certo senso, diviene inaccessibile... infinito e irresolubile.
Il conoscere va concepito in questo senso: è partecipare dell’esclusivo mistero dell'esistenza, dire si all’arcano della vita. L’intelletto non ha ora alcuno spazio per le sue teorizzazioni. Siete faccia a faccia con il mistero, e l'incontro è esistenziale... non per il tramite della mente, ma tramite voi stessi, tramite la totalità di voi stessi. Lo sentite con ogni parte del vostro essere: il vostro corpo, gli occhi, le mani, il cuore, l’intera vostra personalità giunge in contatto con il mistero assoluto. Questo è soltanto un inizio. La fine non verrà mai, poiché la fine sarebbe demistificante.
Questo è l’inizio dell’illuminazione. Non vi sarà mai fine, ma questo è l’inizio. Capite che l'ignoranza è finita, ma non ci sarà un termine a questo stato illuminato della mente. Siete saltati ormai in un abisso senza fondo.
Potete concepire il processo in tanti modi quanti sono i punti di vista. Se si perviene a questo stato mentale attraverso kundalini, sarà un’interminabile fioritura. I mille petali del sahasrara non sono realmente mille: « mille » sta a indicare semplicemente un numero superiore a ogni immaginazione. È un simbolo. Significa che i petali di kundalini che si stanno schiudendo sono infiniti. Continueranno a schiudersi, a schiudersi e a schiudersi. Assisterete al loro primo sbocciare, ma non ne vedrete mai la fine. Non c'è limite al processo. Si può giungere a questo punto attraverso kùndalini o per altre vie. Kundalini non è indispensabile.
Coloro che conseguono l'illuminazione per altre vie giungono allo stesso punto; differirà soltanto il nome, il simbolo sarà diverso. Le vostre rappresentazioni mentali varieranno poiché questo non è evento che si possa descrivere, e poiché quanto è possibile descrivere non corrisponde esattamente a quanto sta accadendo. La descrizione non è che un’allegoria, è per forza di cose metaforica. Potete dire: "È come un fiore che si schiude"... ma non c'è affatto alcun fiore. La vostra sensazione è però esattamente quella di essere un fiore che sta cominciando a sbocciare. La sensazione è né più né meno quella dell’aprirsi. Ma qualcun altro potrebbe esprimersi altrimenti. Potrebbe ad esempio dire: «È come lo spalancarsi di una porta... di una porta che dà sull'infinito e che non cessa mai di aprirsi». E chi più ne ha più ne metta.
I tantrici adottano una simbologia sessuale. Loro possono usarla! Dicono: « È un incontro, un'unione senza fine ». Quando il Tantra afferma che « è proprio come nel maithuna (rapporto sessuale)», quanto intende è « un incontro dell'individuo con l’infinito... ma interminabile, eterno ».
Il fenomeno si può rappresentare anche in questa forma, ma ogni rappresentazione è destinata a essere metaforica. Ogni rappresentazione è simbolica; non può che essere cosi. Ma quando dico « simbolico », non intendo certo che un simbolo non abbia significato.
Un simbolo ha significato fintantoché è soltanto la vostra individualità, che l’ha concepito e l’adotta, a essere in causa. Vi sarebbe impossibile rappresentarvi la cosa altrimenti. Una persona che non ha mai amato i fiori, che non ha mai imparato a conoscerli, che passando fra i fiori non li ha mai degnati di uno sguardo, che per l'intera sua vita non ha mai avuto nulla a che spartire col «regno floreale », non potrà certo sentire l’illuminazione come lo sbocciare di un fiore. Se però voi l’avvertite in questo modo, ciò ha una quantità di significati. Vuol dire che il simbolo vi è congeniale, che corrisponde in un modo o nell’altro alla vostra personalità.
Domanda: Come ci si sente dopo che il sahasrara comincia a schiudersi?
Osho: Quando il sahasrara comincia a schiudersi non si dovrebbe provare che una sensazione di silenzio e di vuoto interiore. La sensazione sarà acuta all'inizio - quando la proverete per la prima volta sarà molto intensa - ma più vi familiarizzerete con essa e più essa si attutirà. Più essa diverrà vostra e voi tutt’uno con essa, e minore sarà la sua intensità. Verrà il momento - è inevitabile - in cui non l’avvertirete più per nulla.
Il fenomeno della sensazione è sempre connesso alla novità del percepito. Avvertite soltanto quello che vi riesce insolito, non percepirete il consueto. Soltanto il nuovo è avvertito. Quando siete ormai tutt’uno con la nuova situazione, quando vi ci siete familiarizzati, non l'avvertirete più, ma ciò non significa certo che tutto sia finito. Tutto continuerà, perfino più di prima, andrà via via intensificandosi, ma voi l'avvertirete sempre meno, finché verrà il momento in cui ogni traccia di sensazione sarà scomparsa. Ogni senso di « alterità » si è dileguato e con esso la percezione.
Quando il sahasrara giunge per la prima volta alla fioritura, il fenomeno vi è alieno. Vi è ignoto e voi ne siete ignari. È qualcosa che penetra in voi, o siete voi a penetrare in esso. Fra voi ed esso esiste una distanza. È però un intervallo che andrà pian piano annullandosi, finché vi immedesimerete con il fenomeno: non lo vedrete più come qualcosa che vi sta succedendo, perché voi sarete ora divenuti l'evento. Continuerà a espandersi e diverrete tutt’uno con esso.
Allora non ci baderete più. Certo lo avvertirete, ma non gli presterete più attenzione di quanta non ne dedichiate alla vostra attività respiratoria. Percepite la vostra respirazione soltanto quando vi è accaduto qualcosa di nuovo (o di male), non altrimenti. Non percepite neppure il vostro corpo a meno che non vi si sia insinuato qualche malanno, a meno che non siate ammalati. Se siete in perfetta salute, non lo sentite affatto: lo avete e basta. In realtà il vostro corpo è più vivo quando siete sani, ma non lo notate. Non ne avete alcun bisogno: siete tutt’uno con esso.
Non riuscirete mai a scoprire dove ha avuto inizio la vostra ignoranza. Ve la trovate accanto da sempre; da sempre essa vi circonda. Non ne scoprirete mai l'inizio: non c’è principio. L'ignoranza non possiede un punto iniziale, ma ha un termine. L’illuminazione comincia, ma non finisce mai. I due punti vengono a coincidere; sono in realtà lo stesso. L’inizio dell'lluminazione e la fine dell’ignoranza coincidono. È un unico punto, un punto pericoloso a due facce: l'una è rivolta a un'ignoranza che dura da sempre e l’altra all’inizio di un’illuminazione che non avrà mai fine.
Conseguite cosi l'illuminazione, eppure non la raggiungete mai. Pervenite ad essa, vi ci immergere, divenite tutt'uno con essa, eppure l’ignoto è sempre là, nella sua immensità. È questa la sua bellezza e il suo mistero.
Se con l’illuminazione tutto divenisse noto, non ci sarebbe più alcun mistero. Se cosi fosse, l’intera faccenda diverrebbe sgradevole. Dissolto completamente ogni arcano, tutto sarebbe morto. L’illuminazione non è « conoscere » in questo senso. Non è conoscere come suicidio. È conoscere come apertura a sempre maggiori misteri. « Conoscere » significa quindi avere nozione del mistero, esserne consapevoli. Non significa averlo risolto una volta per tutte: l’illuminazione non è il possesso di una formula matematica per cui tutto ora vi è noto. Il conoscere dell’illuminato significa piuttosto essere giunti al punto dove il mistero è divenuto definitivo.
Avete riconosciuto che questo è il fondamento di ogni mistero; l’avete conosciuto come mistero esso stesso. Ora l'arcano è divenuto tale che non avete più alcuna speranza di risolverlo. Ora lasciate ogni speranza. La vostra, però, non è sfiducia, non è disperazione. Avete soltanto compreso la natura del mistero.
L’arcano è tale da essere insolubile; il mistero è tanto fitto che è assurdo finanche sforzarsi di svelarlo. Cercare di far luce in esso con i mezzi dell’intelletto non ha senso. Siete arrivati al limite delle vostre possibilità razionali. L’intelletto ora cede le armi e si comincia a conoscere. È qualcosa di completamente diverso dal conoscere scientifico. La parola « scienza » significa - è vero - acquisizione di conoscenza, ma qui il senso è quello di penetrare a svelare gli arcani, mentre il conoscere religioso significa assolutamente l’opposto. Non si tratta, in esso, di indagare e rendere manifesta la realtà; tutt’altro. Anche quanto già si conosceva ridiventa in questa dimensione misterioso, comprese le cose di tutti i giorni sulle quali eravate certi, assolutamente certi, di sapere tutto. Ora perfino la porta è scomparsa. Tutto, in un certo senso, diviene inaccessibile... infinito e irresolubile.
Il conoscere va concepito in questo senso: è partecipare dell’esclusivo mistero dell'esistenza, dire si all’arcano della vita. L’intelletto non ha ora alcuno spazio per le sue teorizzazioni. Siete faccia a faccia con il mistero, e l'incontro è esistenziale... non per il tramite della mente, ma tramite voi stessi, tramite la totalità di voi stessi. Lo sentite con ogni parte del vostro essere: il vostro corpo, gli occhi, le mani, il cuore, l’intera vostra personalità giunge in contatto con il mistero assoluto. Questo è soltanto un inizio. La fine non verrà mai, poiché la fine sarebbe demistificante.
Questo è l’inizio dell’illuminazione. Non vi sarà mai fine, ma questo è l’inizio. Capite che l'ignoranza è finita, ma non ci sarà un termine a questo stato illuminato della mente. Siete saltati ormai in un abisso senza fondo.
Potete concepire il processo in tanti modi quanti sono i punti di vista. Se si perviene a questo stato mentale attraverso kundalini, sarà un’interminabile fioritura. I mille petali del sahasrara non sono realmente mille: « mille » sta a indicare semplicemente un numero superiore a ogni immaginazione. È un simbolo. Significa che i petali di kundalini che si stanno schiudendo sono infiniti. Continueranno a schiudersi, a schiudersi e a schiudersi. Assisterete al loro primo sbocciare, ma non ne vedrete mai la fine. Non c'è limite al processo. Si può giungere a questo punto attraverso kùndalini o per altre vie. Kundalini non è indispensabile.
Coloro che conseguono l'illuminazione per altre vie giungono allo stesso punto; differirà soltanto il nome, il simbolo sarà diverso. Le vostre rappresentazioni mentali varieranno poiché questo non è evento che si possa descrivere, e poiché quanto è possibile descrivere non corrisponde esattamente a quanto sta accadendo. La descrizione non è che un’allegoria, è per forza di cose metaforica. Potete dire: "È come un fiore che si schiude"... ma non c'è affatto alcun fiore. La vostra sensazione è però esattamente quella di essere un fiore che sta cominciando a sbocciare. La sensazione è né più né meno quella dell’aprirsi. Ma qualcun altro potrebbe esprimersi altrimenti. Potrebbe ad esempio dire: «È come lo spalancarsi di una porta... di una porta che dà sull'infinito e che non cessa mai di aprirsi». E chi più ne ha più ne metta.
I tantrici adottano una simbologia sessuale. Loro possono usarla! Dicono: « È un incontro, un'unione senza fine ». Quando il Tantra afferma che « è proprio come nel maithuna (rapporto sessuale)», quanto intende è « un incontro dell'individuo con l’infinito... ma interminabile, eterno ».
Il fenomeno si può rappresentare anche in questa forma, ma ogni rappresentazione è destinata a essere metaforica. Ogni rappresentazione è simbolica; non può che essere cosi. Ma quando dico « simbolico », non intendo certo che un simbolo non abbia significato.
Un simbolo ha significato fintantoché è soltanto la vostra individualità, che l’ha concepito e l’adotta, a essere in causa. Vi sarebbe impossibile rappresentarvi la cosa altrimenti. Una persona che non ha mai amato i fiori, che non ha mai imparato a conoscerli, che passando fra i fiori non li ha mai degnati di uno sguardo, che per l'intera sua vita non ha mai avuto nulla a che spartire col «regno floreale », non potrà certo sentire l’illuminazione come lo sbocciare di un fiore. Se però voi l’avvertite in questo modo, ciò ha una quantità di significati. Vuol dire che il simbolo vi è congeniale, che corrisponde in un modo o nell’altro alla vostra personalità.
Domanda: Come ci si sente dopo che il sahasrara comincia a schiudersi?
Osho: Quando il sahasrara comincia a schiudersi non si dovrebbe provare che una sensazione di silenzio e di vuoto interiore. La sensazione sarà acuta all'inizio - quando la proverete per la prima volta sarà molto intensa - ma più vi familiarizzerete con essa e più essa si attutirà. Più essa diverrà vostra e voi tutt’uno con essa, e minore sarà la sua intensità. Verrà il momento - è inevitabile - in cui non l’avvertirete più per nulla.
Il fenomeno della sensazione è sempre connesso alla novità del percepito. Avvertite soltanto quello che vi riesce insolito, non percepirete il consueto. Soltanto il nuovo è avvertito. Quando siete ormai tutt’uno con la nuova situazione, quando vi ci siete familiarizzati, non l'avvertirete più, ma ciò non significa certo che tutto sia finito. Tutto continuerà, perfino più di prima, andrà via via intensificandosi, ma voi l'avvertirete sempre meno, finché verrà il momento in cui ogni traccia di sensazione sarà scomparsa. Ogni senso di « alterità » si è dileguato e con esso la percezione.
Quando il sahasrara giunge per la prima volta alla fioritura, il fenomeno vi è alieno. Vi è ignoto e voi ne siete ignari. È qualcosa che penetra in voi, o siete voi a penetrare in esso. Fra voi ed esso esiste una distanza. È però un intervallo che andrà pian piano annullandosi, finché vi immedesimerete con il fenomeno: non lo vedrete più come qualcosa che vi sta succedendo, perché voi sarete ora divenuti l'evento. Continuerà a espandersi e diverrete tutt’uno con esso.
Allora non ci baderete più. Certo lo avvertirete, ma non gli presterete più attenzione di quanta non ne dedichiate alla vostra attività respiratoria. Percepite la vostra respirazione soltanto quando vi è accaduto qualcosa di nuovo (o di male), non altrimenti. Non percepite neppure il vostro corpo a meno che non vi si sia insinuato qualche malanno, a meno che non siate ammalati. Se siete in perfetta salute, non lo sentite affatto: lo avete e basta. In realtà il vostro corpo è più vivo quando siete sani, ma non lo notate. Non ne avete alcun bisogno: siete tutt’uno con esso.
Fonte:
http://spiritualita-meditazione.blogspot.com/
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