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L’adesso è l’unico momento della vita che possiamo percepire, che possiamo ascoltare attraverso il corpo e l’apparato sensoriale. L’adesso è l’unico momento certo, l’unico tratto di esistenza in cui si possa agire. Sull’adesso abbiamo un potere immenso. A meno che tra di noi e l’adesso non si frapponga l’imperatrice dei nostri “ego” delle nostre paure, delle nostre sfiducie ed ansie: la mente.
La teoria, che naturalmente è assai più ampia ed articolata, non è mia e forse non è di nessuno in particolare essendo patrimonio comune di filosofie e religione tra le più diverse. Ma lo scrittore ed “insegnante spirituale” Eckhart Tolle ha il merito di aver posto al centro delle sue riflessioni proprio “l’adesso” ed il suo potere. Il frutto di queste riflessioni è un best seller mondiale dal titolo Il potere di Adesso . L’ho letto, ci ho pensato sopra, l’ho riletto ed ora voglio parlarne, in più di un articolo credo.
Il primo elemento che Tolle affronta è il rapporto fra la mente e l’adesso, e probabilmente è anche l’elemento centrale di tutto il libro.
La nostra mente è prodigiosa, capace di sviluppare ragionamenti elaboratissimi basandosi su di una memoria vastissima e sulle percezioni che provengono dal nostro corpo. I cinque sensi ci offrono un quadro sensoriale sull’adesso mentre la memoria ci restituisce un’analisi sintetica del nostro passato (conoscenze, esperienze, istinti ecc.). Inoltre nella nostra mente si forma l’immagine che noi abbiamo di noi stessi, il nostro “ego” il quale condiziona le nostre azioni nell’adesso e le nostre capacità di relazionarci con tutto ciò che ci circonda.
Qualunque azione o pensiero formuliamo in ogni istante è perciò un compromesso fra le sensazioni del nostro corpo, il risultato dell’elaborazione che la nostra mente fa scandagliando il nostro vissuto, e l’immagine che abbiamo di noi stessi calati in quell’istante.
Supponiamo di trovarci in riva ad un mare invitante, in una giornata calda, un poco sudati e bisognosi di refrigerio. Le sensazioni corporee ci invitano a tuffarci in mare e goderci la frescura dell’acqua; la mente ci frena perché ricordiamo di quella volta in cui siamo scivolati e per poco non annegavamo; l’ego ci vorrebbe provetti nuotatori mentre magari siamo incapaci di stare a galla e perciò ci sconsiglia di fare una figuraccia. Chi vincerà fra sensazioni, mente ed ego?
Normalmente vince primo fra i tre l’ego, elemento che riesce perfino a far diventare vendicativi e caustici i predicatori di pace e amore: in seconda battuta prevale la mente storica che immagina il futuro basandosi sul passato; ultime in assoluto sono le sensazioni del nostro corpo, sebbene siano le uniche vere sentinelle del presente, le uniche capaci di interpretare nel profondo le esigenze di ogni singolo istante di vita.
L’immagine di noi stessi, l’immagine che vorremmo di noi stessi, il dominio del passato che proietta se stesso sull’immagine del futuro sono le vere padrone della maggior parte delle nostre azioni nell’adesso, nel presente.
Tolle dice che l’ego può essere talmente potente da distaccarci dal nostro corpo, da ciò che noi siamo in verità.
L’idea che il mutare l’immagine che abbiamo di noi, il nostro ego, possa permetterci di migliorare il rapporto che abbiamo con noi stessi è effimera perché salta a piè pari l’unico viatico a rappacificarci: accettare ciò che noi siamo nell’adesso, tralasciando ciò che eravamo e costruendo la nostra esistenza elaborando l’adesso.
Il futuro non esiste se non come proiezione delle nostre conoscenze. Le uniche previsioni che si avverano sono quelle che non contengono novità, imprevedibilità, caso e fato: molto poche a pensarci bene. Il semplice immaginare di andare a cena domani sera con amici può essere smentito da un banale mal di pancia, da un acquazzone che ci blocca, da un albero che cade sulla strada.
Eppure noi impegniamo la stragrande maggioranza del tempo ad immaginare il futuro, trascurando o addirittura disdegnando il presente.
Il presente è invece l’unica realtà indiscutibile, l’unica fonte di bellezza, l’unica chiave di evoluzione e di felicità.
La felicità, ad esempio, è uno stato che può esistere solo nell’adesso, mentre diviene malinconia se ripescata nel passato e chimera se cercata nel futuro.
Tolle dice una cosa assai provocatoria ma altrettanto verosimile. Dice che l’infelicità è una droga per consentirci di fantasticare una felicità irraggiungibile. Molti di noi sfuggono alla felicità, la dribblano, quasi la evitano perché solo nell’infelicità si può giustificare un ego, un essere noi stessi, un comportarci che non ci piace. Proclamandoci infelici ci autorizziamo ad essere schiavi di un ego da infelici, che ci porta a posture ed atteggiamenti lontani da ciò che il nostro essere più intimo detterebbe.
Vivere la felicità parte invece da una precisa accettazione del presente, dal non sfuggirlo, da farsi totali partecipi del presente. Sarebbe un esercizio pedante andare ad elencare quante religioni e credenze, quante vie spirituali predicano esattamente questo: vivere il presente e osservare Dio nel presente. Eppure è diffusissimo il cercare Dio, la serenità ed il senso nella vita pensandolo in una conquista da farsi nel futuro, chiudendosi al presente e magari rifugiandosi nella propria mente, così sensibile al passato.
Vivere il presente, e accettarlo per come è, significa dare priorità ai sensi, alla voce del nostro corpo, alla vera essenza del nostro io. Se solo si provasse a porsi ogni tanto una semplice domanda: “come mi sento adesso, che cosa dicono i miei sensi” senza interpretare la risposta, senza aspettare che la mente elabori un referto che tenga presente passato, ambizioni ed ego; se solo si provasse si potrebbe iniziare ad accorgersi che la nostra felicità può essere già nell’adesso, senza aspettare il futuro, senza cadere nella paura di illudersi.
Ho appena letto un libro sulla Leadership il quale esordisce dicendo: molti manager, imprenditori o leader parlano di obiettivi, fanno piani elaborati e progettano minuziosamente il futuro. Ma tralasciano sistematicamente di ascoltare la pancia. La pancia può essere molto più sincera della mente e dell’ego. Ovviamente è una metafora perché assai spesso la nostra mente riesce a dominare persino la pancia. Ma è la mente che va limitata, non i segnali del corpo. E’ la paura, puro prodotto mentale, che va ricondotta ad essere sentinella del presente e non oracolo del futuro.
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7 commenti:
Vivere il presente e l'adesso non è assolutamente facile, ma con un po' di costanza ed impegno penso sia possibile migliorarsi ed aumentare la propria felicità.
Grazie per lo spunto!
N.B. L'articolo ha delle parti ripetute 2 volte, correggilo.
ciao
Ciao Riccardo! Forse bisognerebbe IMPEGNARSI A DISIMPEGNARSI.
Laciar cadere i giochi dell'Ego, i giochi in cui si IMPEGNA l'Ego.
P.s. grazie per avermi fatto notare la ripetizione all'interno dell'articolo. Ciao!
"Molti manager, imprenditori o leader parlano di obiettivi, fanno piani elaborati e progettano minuziosamente il futuro"...con un'inico obiettivo il profitto, mi sembra un punto poco incline alla logica dell'adesso.
Nel complesso ho un dubbio, ovvero, questo ragionamento non tiene conto dell'adesso del noi, ma solo dell'io, in una sorta di isolamento concentrato sul singolo, ciò non potrebbe danneggiare quella visuale d'insieme che dovrebbe rendere tanti singoli un'unico essere? La condivisione non andrebbe ad perdere significato?
Un saluto
Ciao Mark ottima domanda! tempo fa anche un'altra lettrice,Sara, aveva posto una domanda pressocchè analoga. Ti riporto il mio stesso commento, che in parte modifico.
Credo che l'equivoco di molti sul QUI e ORA,sia quello di associarlo alle seguenti cose: vivere una vita da eremita, da a-sociali, lontano dalla vita reale e senza ambizioni! Ebbene, credo sia assolutamente il contrario! Vivere nel qui e ora non vuol dire rinunciare ai propri obiettivi o alla propria crescita personale, ma anzi permette di avere maggiore forza ed energia per realizzarli. Mi spiego meglio: Una persona che vive pienamente il momento presente, non vuol dire che non possa programmarsi la vita. Non vuol dire che non possa pianificare le migliori strategie per riuscire nel lavoro o nella vita in generale. Credo bisogna fare una distinzione tra tempo reale e tempo psicologico. Faccio un esempio: Decido di fare più soldi (non c'è nulla di male nel farlo ovviamente!), e pianifico le mie strategie, ad esempio, come nel mio caso, per 1 ora al giorno invio curriculum e studio per aggionarmi sul mio campo. Tutta quest' attività è stata da me pianificata e messa in atto. Questo è tempo reale; tempo cioè che impiego Adesso per trasformarlo in AZIONE REALE Adesso.
Diversamente invece, se inizio ad avere pensieri del tipo: se non guadagno sono fallito oppure, se non divento più in gamba di Tizio ne soffrirò come un pazzo... ecco questo è un esempio di tempo psicologico. Creo in me una realtà dominata dalla paura, definibile come sega mentale. Questo è un esempio di tempo psicologico. Altro esempio di tempo psicologico potrebbe essere il seguente: trascorro un'ora al giorno a immaginare scenari positivi, ad aumentare la mia autostima con frasi di successo. Ma mi chiedo: fare ciò non è ancor più da eremiti? non nasconde il bisogno di essere migliori in un ipotetico futuro e di fuggire la vera realtà? Tra l'altro, spesso, quello che vogliamo è soltanto quello che vuole la società. E magari una persona che ha un genio innato per la filosofia e dovrebbe fare il filosofo(ma non fa figo essere filosofi),cerca di automotivarsi per farsi piacere la medicina!Solo perchè la società dice che il filosofo è sfigato e il medico regna sovrano per popolarità e denaro! Questo per me è tempo psicologico ovvero farsi dominare dalla mente. Cosa che facciamo tutti, me compreso.
Mi spiego ancora meglio: Non penso ci sia nulla di male, ad esempio, nella PNL, ovvero nella programmazione neuro linguistica, ovvero una serie di tecniche per la crescita personale. Anzi credo possa rendere consapevoli di tanti automatismi sia in sè che negli altri, grazie alla capacità che si acquisisce di conoscere la propria mente. Ma credo che il punto è sempre quello: noi siamo i nostri pensieri? Credo che queste tecniche vadano benissimo se si parte da alcuni pricipi: 1)Noi non siamo i nostri pensieri. 2)Desidero una cosa ma non ne ho Bisogno. 3)Desidero Adesso e metto in atto Adesso. E dopo che ho finito di pianificare, posso mettere la mente a riposo! La mente ha agito da strumento utilissimo ma adesso basta! Non continuo a usarla immaginando scenari di me ricchissimo con la mia ragazza alle Hawaii in un isola deserta di mia proprietà! questo è tempo psicologico , una sega mentale positiva ma pur sempre dannosa, che ci allontana dal qui e ora. Credo vada bene anche immaginare scenari positivi, ma dopo che lo si è fatto... porca miseria, VIVERE nella Realtà!!! nel QUI E ORA! Il reale è già possibile e disponibile... perchè continuare a sognare?
Detto ciò, credo che ognuno debba fare la sua strada e nessuno dovrebbe convincere l'altro se sia una buona o una cattiva strada. Per altri, magari, la strada è un'altra.
Anche su un altro punto credo tu abbia ragione: oggi l'individualità, l'Ego, cerca di imporsi su una visione più ampia e collettiva.
Ma forse questo è un passaggio necessario.
Dovrò approfondire molto il tuo blog per avere una visuale più completa ma già la tua risposta mi ha dato alcuni spunti....a presto...:-)
Salve a tutti. Adesso è ADESSO. Niente di più. Niente distinzioni tra tempo reale e tempo psicologico. E' sempre e solo ADESSO. Il tempo è convenzione sociale, strumento. Il passato lo ricordi nell'Adesso e il futuro si manifesterà come Adesso. Abbiamo in realtà solo il "qui e ora", ma ce ne dimentichiamo, non lo vediamo. "La vita è quella cosa che ti capita mentre sei impegnato a fare altri progetti" diceva Lennon. Ed è così. Quindi dato che tutti, indistintamente, dimoriamo nell'Adesso, non c'è pericolo che questo riguardi gli interessi di un solo individuo. Nessuna brutta ripercussione per la comunità. Siamo tutti e tutto manifestazione dell'Esserre le cui infinite potenzialità risiedono nel piccolo spazio dell'Adesso. E quindi non c'è alcun "io" contrapposto a un"tu". Far cessare il costante e inutile chiacchiericcio della nostra mente superficiale che ci impedisce di ascoltare, vedere, percepire, vivere quanto sia splendido l'Adesso che tutti viviamo. E poter, una volta connessi con l'Essere, divenire i co-creatori della realtà che viviamo. Una volta zittita, placata la mente che parla continuamente a vanvera, il nostro agire sarà più focalizzato, mirato e la mente superficiale potrà pianificare, organizzare in modo più efficace di prima. Poi tacerà di nuovo perchè avrà finito il suo compito. Altrimente continuerà ad essere il nostro torturatore interiore, il nostro giudice e la vita tornerà ad essere quella cosa che ci capita mentre siamo impergnati a fare altri vuoti, fragili, contraddittori progetti. Grazie. Claudia.
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