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Ho trovato questo interessantissimo commento sul libro di Eckhart Tolle "Il potere di Adesso", che sottopongo alla vostra lettura e spero ai vostri numerosi commenti!
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Fonte: www.isoladelpensieropositivo.com
L’adesso è l’unico momento della vita che possiamo percepire, che possiamo ascoltare attraverso il corpo e l’apparato sensoriale. L’adesso è l’unico momento certo, l’unico tratto di esistenza in cui si possa agire. Sull’adesso abbiamo un potere immenso. A meno che tra di noi e l’adesso non si frapponga l’imperatrice dei nostri “ego” delle nostre paure, delle nostre sfiducie ed ansie: la mente.
La teoria, che naturalmente è assai più ampia ed articolata, non è mia e forse non è di nessuno in particolare essendo patrimonio comune di filosofie e religione tra le più diverse. Ma lo scrittore ed “insegnante spirituale” Eckhart Tolle ha il merito di aver posto al centro delle sue riflessioni proprio “l’adesso” ed il suo potere. Il frutto di queste riflessioni è un
best seller mondiale dal titolo
Il potere di Adesso . L’ho letto, ci ho pensato sopra, l’ho riletto ed ora voglio parlarne, in più di un articolo credo.
Il primo elemento che Tolle affronta è il rapporto fra la mente e l’adesso, e probabilmente è anche l’elemento centrale di tutto il libro.
La nostra mente è prodigiosa, capace di sviluppare ragionamenti elaboratissimi basandosi su di una memoria vastissima e sulle percezioni che provengono dal nostro corpo. I cinque sensi ci offrono un quadro sensoriale sull’adesso mentre la memoria ci restituisce un’analisi sintetica del nostro passato (conoscenze, esperienze, istinti ecc.). Inoltre nella nostra mente si forma l’immagine che noi abbiamo di noi stessi, il nostro “ego” il quale condiziona le nostre azioni nell’adesso e le nostre capacità di relazionarci con tutto ciò che ci circonda.
Qualunque azione o pensiero formuliamo in ogni istante è perciò un compromesso fra le sensazioni del nostro corpo, il risultato dell’elaborazione che la nostra mente fa scandagliando il nostro vissuto, e l’immagine che abbiamo di noi stessi calati in quell’istante.
Supponiamo di trovarci in riva ad un mare invitante, in una giornata calda, un poco sudati e bisognosi di refrigerio. Le sensazioni corporee ci invitano a tuffarci in mare e goderci la frescura dell’acqua; la mente ci frena perché ricordiamo di quella volta in cui siamo scivolati e per poco non annegavamo; l’ego ci vorrebbe provetti nuotatori mentre magari siamo incapaci di stare a galla e perciò ci sconsiglia di fare una figuraccia. Chi vincerà fra sensazioni, mente ed ego?
Normalmente vince primo fra i tre l’ego, elemento che riesce perfino a far diventare vendicativi e caustici i predicatori di pace e amore: in seconda battuta prevale la mente storica che immagina il futuro basandosi sul passato; ultime in assoluto sono le sensazioni del nostro corpo, sebbene siano le uniche vere sentinelle del presente, le uniche capaci di interpretare nel profondo le esigenze di ogni singolo istante di vita.
L’immagine di noi stessi, l’immagine che vorremmo di noi stessi, il dominio del passato che proietta se stesso sull’immagine del futuro sono le vere padrone della maggior parte delle nostre azioni nell’adesso, nel presente.
Tolle dice che l’ego può essere talmente potente da distaccarci dal nostro corpo, da ciò che noi siamo in verità.
L’idea che il mutare l’immagine che abbiamo di noi, il nostro ego, possa permetterci di migliorare il rapporto che abbiamo con noi stessi è effimera perché salta a piè pari l’unico viatico a rappacificarci: accettare ciò che noi siamo nell’adesso, tralasciando ciò che eravamo e costruendo la nostra esistenza elaborando l’adesso.
Il futuro non esiste se non come proiezione delle nostre conoscenze. Le uniche previsioni che si avverano sono quelle che non contengono novità, imprevedibilità, caso e fato: molto poche a pensarci bene. Il semplice immaginare di andare a cena domani sera con amici può essere smentito da un banale mal di pancia, da un acquazzone che ci blocca, da un albero che cade sulla strada.
Eppure noi impegniamo la stragrande maggioranza del tempo ad immaginare il futuro, trascurando o addirittura disdegnando il presente.
Il presente è invece l’unica realtà indiscutibile, l’unica fonte di bellezza, l’unica chiave di evoluzione e di felicità.
La felicità, ad esempio, è uno stato che può esistere solo nell’adesso, mentre diviene malinconia se ripescata nel passato e chimera se cercata nel futuro.
Tolle dice una cosa assai provocatoria ma altrettanto verosimile. Dice che l’infelicità è una droga per consentirci di fantasticare una felicità irraggiungibile. Molti di noi sfuggono alla felicità, la dribblano, quasi la evitano perché solo nell’infelicità si può giustificare un ego, un essere noi stessi, un comportarci che non ci piace. Proclamandoci infelici ci autorizziamo ad essere schiavi di un ego da infelici, che ci porta a posture ed atteggiamenti lontani da ciò che il nostro essere più intimo detterebbe.
Vivere la felicità parte invece da una precisa accettazione del presente, dal non sfuggirlo, da farsi totali partecipi del presente. Sarebbe un esercizio pedante andare ad elencare quante religioni e credenze, quante vie spirituali predicano esattamente questo: vivere il presente e osservare Dio nel presente. Eppure è diffusissimo il cercare Dio, la serenità ed il senso nella vita pensandolo in una conquista da farsi nel futuro, chiudendosi al presente e magari rifugiandosi nella propria mente, così sensibile al passato.
Vivere il presente, e accettarlo per come è, significa dare priorità ai sensi, alla voce del nostro corpo, alla vera essenza del nostro io. Se solo si provasse a porsi ogni tanto una semplice domanda: “come mi sento adesso, che cosa dicono i miei sensi” senza interpretare la risposta, senza aspettare che la mente elabori un referto che tenga presente passato, ambizioni ed ego; se solo si provasse si potrebbe iniziare ad accorgersi che la nostra felicità può essere già nell’adesso, senza aspettare il futuro, senza cadere nella paura di illudersi.
Ho appena letto un libro sulla Leadership il quale esordisce dicendo: molti manager, imprenditori o leader parlano di obiettivi, fanno piani elaborati e progettano minuziosamente il futuro. Ma tralasciano sistematicamente di ascoltare la pancia. La pancia può essere molto più sincera della mente e dell’ego. Ovviamente è una metafora perché assai spesso la nostra mente riesce a dominare persino la pancia. Ma è la mente che va limitata, non i segnali del corpo. E’ la paura, puro prodotto mentale, che va ricondotta ad essere sentinella del presente e non oracolo del futuro.
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