martedì 27 aprile 2010

L'ONDA NON SA DI ESSERE OCEANO...

L'onda non sa di essere oceano, così discute e discute con le altre onde chiedendosi:chi siamo?
Anch'io mi sento un'onda, ma basterebbe sciogliersi nell'oceano lasciandosi andare... credo. Ma neanche questo è esatto! All'onda non occorre sciogliersi per essere oceano: lo è già,lo è sempre stato.
Forse la parola (inutile) giusta è COMPRENSIONE,RISVEGLIO dal sonno in cui siamo, in cui si trova l'essere (forse è l'Essere che non è consapevole di sè?L'oceano non sa di Essere? o si manifesta tramite le sue singole onde? per cui l'oceano è quel legame invisibile che le unisce?  Porsi queste domande non impongono un alternativa? un si o no, un giudizio? e i giudizi non sono prodotti della mente?
Quindi: CHI ha parlato finora? credo la mente... e quindi dovrei dedurne che io sono la mente?
sono una folla di pensieri che vanno e vengono? tutto qui?   Non posso rispondere perchè è la stessa mente che pone la domanda, e perchè la pone? forse perchè la mente vive di certezze, di logica.
Ma come si puo descrivere l'amore con la logica? La mente, l'ego, direbbe è un sentimento. Ma sentimento è una parola... la parola sentimento in sè non fa tremare. Ad un alieno che mi chiede cos'è l'amore, io nn posso rispondere: è un sentimento. Sarebbe solo una parola, aumenterebbe la sua confusione.
Allora potrei dire: l'amore fa tremare... ma anche il freddo del mio pianeta produce lo stesso effetto, mi potrebbe rispondere. Quindi le parole indicano la Verità ma non sono la Verità.
Per cui se mi porgono la domanda: tu chi sei?  farei meglio a rispondere cantando, correndo, saltando.
Mi prenderanno per folle ma forse ci sarà una persona che mi capirà perfettamente: l'alieno.

IL TEMPO... LUCIANO DE CRESCENZO


lunedì 26 aprile 2010

I TRE MODI DI FARE VIPASSANA... OSHO

consigliato:

Osho - The New Dawn , #16
Tratto da: http://www.osho.com/

Vipassana è una cosa così facile che può essere fatta anche da un bambino piccolo. Anzi, un bambino la farà meglio di te, perché non è ancora ricolmo di tutta la spazzatura della mente; è ancora limpido, innocente...

Vipassana può essere fatto in tre modi – puoi scegliere quello che va meglio per te. Il primo è: Consapevolezza delle tue azioni, del tuo corpo, della tua mente e del tuo cuore. Quando cammini, dovresti camminare con consapevolezza. Quando muovi la mano, dovresti muoverla con consapevolezza, sapendo perfettamente che stai muovendo la mano. Tu puoi muoverla senza alcuna consapevolezza, come se fosse una cosa meccanica. Stai facendo una passeggiata al mattino; puoi continuare a camminare senza avere alcuna consapevolezza dei piedi.
Sii cosciente dei movimenti del tuo corpo. Quando mangi, sii cosciente dei movimenti necessari per mangiare. Quando ti fai la doccia, sii cosciente della freschezza che ricade su di te – l'acqua che ti si riversa addosso e la straordinaria gioia che ti porta... Sii cosciente. Non dovrebbe continuare ad accadere in uno stato di inconsapevolezza.

La stessa cosa vale per la mente: qualsiasi cosa passi sullo schermo della tua mente, rimani solo un osservatore. Qualsiasi cosa passi sullo schermo del tuo cuore, rimani solo un osservatore: non farti coinvolgere, non identificarti, non giudicare: 'Questo è giusto e questo è sbagliato'. Tutto questo non è parte della tua meditazione. La tua meditazione dev'essere consapevolezza senza alcuna scelta.

Un giorno diventerai capace di vedere persino stati d'animo molto sottili: in che modo la tristezza cala su di te proprio come la notte cala, con grande lentezza, sul mondo; in che modo di colpo una piccola cosa può renderti felice.

Sii un semplice testimone. Non pensare: "Sono triste". Sappi solo questo: "Intorno a me c'è tristezza, intorno a me c'è gioia. Mi trovo di fronte una certa emozione o un certo stato d'animo". Tu sei sempre distante – un osservatore sulla collina – e tutto il resto accade nella valle. Questo è uno dei modi in cui si può fare Vipassana.

E la mia sensazione è che per una donna sia una cosa ancora più semplice perché una donna è più consapevole del suo corpo di quanto lo sia un uomo. Fa parte della sua natura. La donna è più consapevole del suo aspetto, di come si muove, di come sta seduta; è sempre consapevole del suo essere aggraziata. Non si tratta solo di un condizionamento: è un fatto naturale, biologico.

Le madri che hanno fatto l'esperienza di avere almeno due o tre figli, iniziano a sentire dopo un certo periodo di tempo se stanno portando in grembo un maschio o una femmina. Il maschio inizia a giocare a pallone; inizia a dar calci di qua e di là, si fa sentire, annuncia la sua presenza. La femmina rimane silenziosa e rilassata; non gioca a pallone, non si fa sentire. Resta il più possibile tranquilla e rilassata.
Quindi non è una questione di condizionamenti perché persino nel grembo è possibile notare una differenza tra maschio e femmina. Il maschio è irrequieto, non riesce a star fermo in un posto. Vuole fare tutto, vuole sapere tutto. La femmina si comporta in modo completamente diverso...

La seconda forma di Vipassana è respiro, diventare consapevole del respiro. Quando il respiro entra, la pancia inizia a espandersi, e quando esce, la pancia di nuovo si sgonfia. Quindi il secondo metodo è quello di diventare consapevoli della pancia, del suo espandersi e ritrarsi. La semplice consapevolezza della pancia che si espande e si sgonfia... E la pancia è molto vicina alla sorgente della vita, perché il bambino è unito alla vita della madre attraverso l'ombelico. Nell'ombelico c'è la sua sorgente vitale. Di conseguenza, quando la pancia si espande, è in realtà l'energia vitale, la sorgente della vita, che si espande e che si ritrae con ogni respiro. Anche questo metodo non è difficile, e potrebbe persino essere più facile, perché si tratta di un'unica tecnica.

Nel primo metodo, devi essere consapevole del corpo, della mente e delle emozioni, gli stati d'animo. Quindi ci sono tre passi da fare. Il secondo metodo ha un unico passo: solo la pancia che si muove in su e in giù. E il risultato è lo stesso. Quando diventi più consapevole della pancia, la mente diventa silenziosa, il cuore diventa silenzioso, i cambiamenti di umore scompaiono.

E il terzo metodo è quello di essere consapevoli del respiro nel suo punto di ingresso, nel punto in cui il respiro entra nel corpo tramite le narici. Sentilo in quel punto – l'altra polarità rispetto alla pancia – sentilo nel naso. Il respiro entrando porta una sensazione di freschezza nelle narici. E poi uscendo... respiro che entra, respiro che esce...

Anche questo è possibile, ed è più facile per gli uomini che per le donne. La donna è più consapevole della pancia. La maggior parte degli uomini non arriva nemmeno a respirare fino alla pancia. È il petto che si alza e si abbassa, perché in tutto il mondo prevale un tipo sbagliato di atletica. È vero che un torace alto e una pancia quasi inesistente danno al corpo una forma più bella.
L'uomo ha scelto di respirare solo fino al petto, in modo che il petto diventa sempre più grande e la pancia si ritrae. A lui questa sembra essere una cosa più atletica. In tutto il mondo, tranne che in Giappone, tutti gli atleti e gli allenatori degli atleti mettono l'accento sul respirare riempiendo i polmoni, espandendo il petto e tirando in dentro la pancia. Il loro ideale è il leone con il suo petto profondo e con la sua pancia così piccola. Sii come un leone: questa è diventata la regola per gli atleti, i ginnasti e le persone che lavorano con il corpo.

Il Giappone è l'unica eccezione; lì non si preoccupano che il petto dev'essere largo e la pancia tirata in dentro. Ci vuole una certa disciplina per tirare in dentro la pancia – non è una cosa naturale. Il Giappone ha scelto il modo naturale; quindi rimarrai sorpreso nel vedere una statua giapponese di Buddha. Questo è il modo in cui puoi subito distinguere se la statua è indiana o giapponese. Le statue indiane di Gautama Buddha hanno un corpo molto atletico con una pancia molto piccola e un petto molto largo. Ma il Buddha giapponese è completamente diverso: il suo petto è quasi invisibile, perché respira dalla pancia, ma quest'ultima è più grande. Il suo aspetto non è molto bello perché l'idea prevalente al mondo è quella opposta, ed è molto antica. Tuttavia respirare dalla pancia è più naturale, più rilassato.

Di notte, mentre dormi, accade: non respiri dal petto, respiri dalla pancia. Ecco perché la notte è un'esperienza di tale rilassamento. Dopo aver dormito, alla mattina ti senti così fresco, giovane, perché per tutta la notte hai respirato in modo naturale... sei stato in Giappone!

Questi sono i due punti: se temi che respirare dalla pancia e prestare attenzione al suo espandersi e contrarsi distruggerà la tua forma atletica... gli uomini potrebbero essere più interessati a quella forma atletica. Per loro sarà più facile osservare il respiro nella zona delle narici, lì dove entra. Osserva e, quando il respiro esce, osserva.

Queste sono le tre forme. Una qualunque di esse andrà bene. E se vuoi fare due forme allo stesso tempo, puoi farlo; allora il lavoro diventerà più intenso. Se vuoi farle tutte e tre insieme, puoi farle tutte e tre insieme. Allora il processo sarà più veloce. Ma dipende tutto da te, da quello che ti sembra più facile.
Ricorda: ciò che è facile è giusto.

Quando la meditazione diventa ben radicata, la mente diventa silenziosa, l'ego scompare. Sarai presente, ma non ci sarà la sensazione dell'"Io". Allora le porte si apriranno. Devi solo aspettare, con un desiderio intenso e pieno di amore, con un benvenuto nel cuore per quel grande momento, il momento più grande nella vita di ognuno – l'illuminazione.

Arriverà... arriverà sicuramente. Non ha mai tardato nemmeno per un istante. Quando sei nella giusta sintonia, esplode improvvisamente dentro di te e ti trasforma. L'uomo vecchio è morto ed è arrivato l'uomo nuovo.

Il grande capo Toro Seduto è stato costipato per molte lune. Perciò manda la sua squaw preferita dall'uomo di medicina per chiedere aiuto. L'uomo di medicina dà alla squaw tre pillole e le dice di darle al capo, e poi di tornare da lui a riferire i risultati il giorno dopo.
La mattina dopo la squaw ritorna con il messaggio: "Grande capo, niente cacca". Allora l'uomo di medicina le dice di raddoppiare la dose

Ma di nuovo lei torna con lo stesso messaggio. Questo va avanti per una settimana, e alla fine l'uomo di medicina dice alla squaw di dare a Toro Seduto tutta la scatola.
La mattina dopo, lei torna dallo sciamano con un'espressione molto triste sul volto. "Che cosa c'è che non va, bambina mia?" dice lui. La squaw lo guarda con gli occhi colmi di lacrime e dice: "Grande cacca, niente capo!"

Un giorno accadrà per te, e quello sarà un grande momento. Questo è quello che io chiamo il momento giusto.


Osho: The New Dawn , #16
Tratto da: http://www.osho.com/

VIPASSANA -OSHO-

CONSIGLIATO:
Rilassati, respira… in silenzio e accettazione.

Siedi in silenzio; ascolta tutto ciò che accade intorno a te, e rilassati; accetta, rilassati... e, all’improvviso, sentirai sorgere in te un’energia immensa.

Quell’energia, come prima cosa, verrà percepita come un approfondirsi del respiro. Di solito, respiri molto superficialmente e, a volte, quando tenti di fare respiri profondi, se inizi a fare del pranayama, inizi a forzare qualcosa, fai uno sforzo: quello sforzo non è necessario. Accetta semplicemente la vita, rilassati, e all’improvviso, vedrai che il tuo respiro scende più in profondità di quanto non sia mai accaduto.

Il respiro è il ponte tra te e il Tutto. Limitati a osservare, non fare nulla. E quando dico ‘osserva’, non tentare di osservare, altrimenti tornerai a essere in tensione, e inizierai a concentrarti sul respiro. Rilassati semplicemente, resta rilassato, sciolto, e guarda... cos’altro puoi fare? Sei lì, senza nulla da fare, ogni cosa viene accettata, nulla viene negato, rifiutato, non esiste lotta, tensione, conflitto, e il respiro scende in profondità... cosa puoi fare?

Puoi semplicemente osservare. Ricorda: osserva semplicemente. Non sforzarti di osservare.

Questo è ciò che il Buddha ha chiamato Vipassana – l’osservazione del respiro, la consapevolezza del respiro… l’essere attenti all’energia vitale che scorre nel respiro. Non tentare di fare respiri profondi, non sforzarti di inspirare o espirare, non fare nulla. Rilassati semplicemente, e lascia che il respiro sia naturale - che espiri spontaneamente, e che inspiri di per sé - e molte cose si dischiuderanno davanti a te.

Innanzitutto, vedrai che si può respirare in due modi, perché il respiro è un ponte. Una parte è legata a te, l’altra è unita all’esistenza. Può essere quindi visto in due modi.

Lo puoi assumere come un atto volontario: se vuoi inalare profondamente, puoi farlo; se vuoi esalare profondamente, puoi farlo. D’altro canto, anche se tu non facessi nulla, il respiro continuerebbe. Senza che tu debba necessariamente fare qualcosa, esso persiste. È anche un’azione involontaria. Questa è la parte connessa all’esistenza in quanto tale.

Quindi: puoi pensare al respiro come a qualcosa che tu fai: sei tu che respiri; oppure, puoi pensare nel modo esattamente opposto: che ‘esso ti respira’. Questo secondo modo, va compreso, perché ti porterà a un profondo rilassamento. Non sei tu a respirare, è l’esistenza che ti respira: è un mutamento di gestalt, e accade da solo. Se continui a rilassarti, se accetti ogni cosa, se ti rilassi in te stesso, pian piano... all’improvviso, diventi consapevole che non sei tu a fare questi respiri, essi vengono e vanno da soli. E in modo assolutamente colmo di grazia, con un’intima dignità, con un ritmo squisito, la cui armonia è infinita... chi è ad agire? L’esistenza ti respira: essa entra in te, ed esce da te. Ad ogni istante ti rinnova, ad ogni istante torna a renderti vivo, torna a te, continuamente.

...ed è così che la meditazione dovrebbe crescere. È una cosa che puoi fare ovunque, anche nel mondo degli affari… se ascolti in silenzio, perfino sulla piazza del mercato percepirai in quel frastuono una particolare armonia: non sarà più una distrazione. Se sei in silenzio, potrai vedere molte cose, percepirai incredibili onde di energia, che si muovono tutt’intorno a te. Quando accetti, ovunque vai… percepirai il divino.

Tratto da: Osho, L’antico canto dei pini, Psiche Ed.

domenica 25 aprile 2010

IO CHI SONO?

A un discepolo che gli chiedeva: “Ma tu chi sei?”, Osho rispondeva: “È una domanda semplice e naturale, ma è impossibile rispondere. Chi sono io? Questa domanda è stata fatta per migliaia di anni e ha aiutato migliaia di persone a scoprire se stesse, ma nessuno ha mai trovato una risposta, perché l’essere di ognuno di noi è un mistero. Puoi chiedere, puoi fare esperienza del mistero, ma non è possibile dare una risposta, in quanto la risposta uccide il mistero. La risposta è un modo per demistificare. Puoi sentirmi, puoi gioire con la mia gioia, puoi lasciarti colmare dal mio canto, puoi danzare fino ad annullarti, ma tutto questo non fa che rendere ancor più denso il mistero: non è una risposta. Un giorno lo capirai, quando giungerai a conoscere te stesso.

Conoscere se stessi è possibile, ma è impossibile tradurre in parole questa conoscenza. La natura delle cose non permette di formulare una risposta su ciò che è l’essenza più intima del tuo essere. È un segreto e resterà sempre tale. In realtà, più vi entri in profondità, più vieni travolto dalla meraviglia e non dalla conoscenza. Sei incantato dalla sua magia, dal suo silenzio, dal suo splendore, resti senza fiato. Vedi la bellezza più grande che tu abbia mai immaginato, ma non riesci a trovare una sola parola che la descriva; ogni descrizione risulta inappropriata, ogni spiegazione è impossibile.


La domanda svanisce, ma non si trova una risposta. La domanda svanisce e tu diventi la risposta. All’inizio tu stesso sei la domanda, poi diventi la risposta, ma non trovi nessuna risposta verbale. Non arrivi a una conclusione logica, che ti fa dire: ‘Sono A, sono B, o sono C’. Sai chi sei, ma quella conoscenza è lontanissima dal poter essere espressa con le parole. La gratitudine ti farà cantare, la riconoscenza ti farà danzare, gioirai per quella benedizione inattesa: gli altri brancolano nel buio, ma il tuo cielo è terso e tu sei sbocciato. Senti il sapore del tuo essere, lo vedi, ne ascolti la musica, sei ricolmo della sua fragranza, ma nulla di tutto questo è esprimibile a parole. Non ci sarà mai nessuna risposta. Quando lo scoprirai, anche tu riderai di questa domanda. Tu sarai presente, ci sarà un’estasi tremenda, ma non ci sarà nessuna risposta. Non è qualcosa a cui si può rispondere.

Nessuna risposta mai ti potrà appagare. Puoi leggere tutti i libri di religione, di filosofia e di teologia; puoi leggere tutte le risposte che la gente ha dato, ma nulla ti appagherà mai, proprio come la parola ‘acqua’, non potrà mai toglierti la sete. Hai bisogno di acqua vera e quando la tua sete sarà placata, non potrai mai esprimere a parole quell’esperienza di profondo appagamento. Potrai solo dire: ‘Ora la sete non c’è più’. A questo porta l’esperienza suprema del proprio sé, potrai dire: ‘Ora non esiste più nessuna domanda’. Tutte le domande sono scomparse, esisto semplicemente: sono una luce per me stesso, uno splendore, un mistero, una meraviglia, senza la minima possibilità di comunicarlo ad altri. La tua domanda cercava una risposta, ma una risposta in quanto tale non esiste. L’esperienza è la risposta, tu sei la risposta!”.

venerdì 23 aprile 2010

SCIENZA,COSCIENZA E DIO di Peter Russel

Per leggere l'articolo nella sua interezza è possibile visitare 
http://stazioneceleste.blogspot.com/2009/10/scienza-coscienza-e-dio.html
Un sé vacillante

Poiché la sensazione di essere un sé individuale e unico è tanto forte, continuiamo a cercarci un’identità fenomenica. Troviamo un senso d’identità nei nostri pensieri e ricordi, nel nostro corpo e nel nostro aspetto, in ciò che facciamo e in ciò che abbiamo realizzato. Ma un tale sé è perennemente alla mercé degli eventi. Perciò ci diamo tante arie, compriamo una quantità di oggetti di cui non abbiamo veramente bisogno e diciamo una quantità di cose che non intendiamo veramente dire, il tutto per puntellare questo senso di identità fittizio.

Quando questo sé si sente minacciato, tende a mettere in moto la paura. La paura è utilissima quando abbiamo a che fare con una minaccia che riguarda il nostro essere fisico. Non dureremmo a lungo senza di essa. Ma non è una risposta appropriata a una minaccia che riguarda un’identità psicologica artificiale. In questa forma la paura non aiuta, bensì danneggia la nostra sopravvivenza, e in vari modi.


La paura induce stress e di conseguenza porta a varie malattie fisiche, mentali ed emotive. Il timore che venga leso il nostro senso di identità ci porta a giudicare le persone con cui viviamo e con cui entriamo in contatto. Una mente giudicante tende a essere critica e aggressiva, non compassionevole e amorevole. La paura inoltre porta con sé l’ansia. Andiamo in ansia per ciò che abbiamo fatto in passato e per ciò che può accaderci in futuro. E mentre la nostra attenzione si fissa sul passato o sul futuro, essa non è nell’attimo presente.

La più triste e ironica conseguenza di ciò è che l’ansia ci impedisce di trovare proprio ciò che cerchiamo. Fondamentalmente, tutti vogliamo star bene. Naturalmente vogliamo evitare il dolore e la sofferenza e vogliamo sentirci in pace. Ma una mente ansiosa non conosce pace.

Gli altri animali, privi di linguaggio e di pensiero discorsivo, non hanno bisogno di rafforzare un illusorio senso di identità e perciò non conoscono queste paure. Probabilmente si sentono in pace molto più spesso di noi.

Trascendere il linguaggio
Sembra che la medaglia del linguaggio abbia anche un’altra faccia. Il linguaggio è impareggiabile per condividere conoscenza ed esperienza. Senza di esso la cultura umana non esisterebbe. E parlare interiormente a noi stessi può esser utilissimo quando abbiamo bisogno di concentrare l’attenzione su qualcosa, analizzare una situazione o fare dei piani. Ma altrimenti gran parte del nostro pensare è completamente inutile. Quando osservo l’attività della mia mente, trovo che di un novanta percento dei miei pensieri potrei fare a meno con vantaggio.

Se metà della mia attenzione è catturata dalla voce che parla nella mia testa, quella metà non è disponibile per notare altre cose. Non mi accorgo di quello che sta accadendo intorno a me. Non odo il canto degli uccelli, il fruscio del vento e lo scricchiolio degli alberi. Non noto le mie emozioni e le sensazioni nel mio corpo. In effetti, sono cosciente solo a metà.

Solo perché abbiamo il dono del pensiero discorsivo, non significa che dobbiamo tenerlo in funzione tutto il tempo. Questo fatto è sottolineato da molti insegnamenti spirituali. La maggior parte di questi insegnamenti comprende tecniche di meditazione o di preghiera atte ad acquietare il dialogo interno e a fermare la mente. Questo è il significato letterale del termine indiano samadhi: ‘una mente in quiete’.
Una mente tranquilla è più capace di essere nel presente ed è più in pace. È lo stato naturale della nostra mente, la nostra eredità evolutiva. È lo stato di grazia al quale vogliamo ritornare, lo stato di grazia da cui siamo caduti quando il linguaggio si è impadronito della nostra coscienza.

Inoltre, dicono i saggi, quando la mente è completamente immobile riconosciamo la nostra vera identità. Come ha detto la Chandogya Upanishad tremila anni fa: “ Ciò che è l’essenza di tutte le cose, Quello sei Tu.”

Una scienza della coscienza?
La scienza ha esplorato le profondità dello spazio, le profondità del tempo e le profondità della struttura della materia senza trovare né un luogo né la necessità di Dio. Ora che ha cominciato a occuparsi della coscienza, ha intrapreso un cammino che alla lunga la porterà a esplorare le ‘profondità della mente’. Questa esplorazione la costringerà forse ad aprirsi a Dio. Non all’idea di Dio che troviamo nelle religioni attuali - che si sono distorte e impoverite nella trasmissione da una generazione all’altra, da una cultura all’altra, da una lingua all’altra - ma al Dio di cui gli insegnamenti parlavano in origine, l’essenza del nostro sé, l’essenza della coscienza.


Questa possibilità è anatema per l’attuale super-paradigma scientifico. È un po’ come quando Galielo disse al Vaticano che la terra non era il centro dell’universo. Ma se c’è nella scienza una certezza, essa è che tutte le certezze cambiano col tempo. I modelli scientifici attuali sono, in quasi tutti i campi, radicalmente diversi da quelli di duecento anni fa. Chi sa come saranno i paradigmi del prossimo millennio?


Una scienza che includesse in sé le profondità della mente sarebbe veramente una scienza unificata. Essa capirebbe l’origine ultima di tutte le nostre paure inutili, capirebbe perché non viviamo la vita nella pienezza del suo potenziale, perché non siamo in pace interiormente. Una tale scienza contribuirebbe allo sviluppo di tecnologie interiori per acquietare la mente e trascendere le nostre paure. Ci aiuterebbe a diventare padroni anziché schiavi del nostro pensiero, in modo da convivere con questo accidente dell’evoluzione traendo profitto dai suoi benefici, ma senza permettergli di riempire la nostra mente al punto di farci perdere di vista altri aspetti della nostra realtà - ivi inclusa la nostra vera natura interiore. Non è forse questo un programma che vale la pena di realizzare?
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Peter Russell, che è una delle figure di punta dello Human Potential movement, è membro dell’Institute of Noetic Sciences, della World Business Academy, della Findhorn Foundation ed è membro onorario del Club di Budapest. Fra i suoi libri:Il risveglio della mente globale. Dalla società dell’informazione all’era della coscienza (Apogeo/Urra, 2000), From Science to God, Waking Up in Time e The Consciousness Revolution (con Stanislav Grof ed Ervin Laszlo). Ken Wilber lo ha definito ‘una delle più belle menti del nostro tempo’.
Il suo web site è www.peterussell.com
Questo articolo è apparso originalmente su “New Renaissance” magazine, (www.ru.org)


Traduzione di Shantena Sabbadini.


Copyright per l’edizione Italiana: Innernet.


ENTRARE IN PROFONDITA' NELL'ADESSO

domenica 18 aprile 2010

OSHO: L'AMORE BISOGNO E L'AMORE DONO

La prima cosa: ci sono due tipi di amore.
L’”amore-bisogno” e l’”amore-dono”.

La distinzione è significativa e deve essere compresa. L’ ”amore-bisogno” o l’ ”amore-carenza” dipende dall’altro, è amore immaturo.
Tu usi l’altro, lo usi come un mezzo: sfrutti, manipoli, domini.
In questo modo l’altro è reso succube, viene praticamente distrutto; ma anche l’altro fa esattamente la stessa cosa: tenta di manipolarti, di dominarti, di possederti, di usarti.
Usare un altro essere umano non ha niente a che fare con l’amore: sembra amore ma è una moneta falsa. Eppure questo è ciò che accade al novantanove per cento della gente perché la prima lezione d’amore la impari nella tua infanzia...milioni di persone rimangono infantili per tutta la vita, non crescono mai.
Invecchiano, ma nella loro mente non crescono mai; la loro psicologia rimane infantile, immatura. Hanno sempre bisogno di amore. Sono sempre affamate di amore, lo bramano come il cibo.
L’uomo matura nel momento in cui comincia ad amare piuttosto che ad avere bisogno.
Comincia a traboccare a condividere, comincia a donare.  La differenza è fondamentale.
Nel primo caso ciò che importa è avere di più; nel secondo, l’importante è come donare sempre di più e incondizionatamente. Questo significa crescita, è l’inizio della maturità.
Una persona matura dà. Solo una persona matura può dare, perché solo una persona matura può avere. In questo caso l’amore non è dipendente, e tu puoi amare che l’altro ci sia o no.
In questo caso l’amore non è una relazione, è uno stato dell’essere.
Ebbene questo è il paradosso: coloro che si innamorano non hanno amore, ecco perché si innamorano.
E poiché non hanno amore, non possono darne.
E ancora una cosa: una persona immatura si innamora sempre di un’altra persona immatura, perché parlano la stessa lingua.
Una persona matura ama una persona matura. Una persona immatura ama una persona immatura. Puoi continuare a cambiare marito o moglie mille volte, troverai di nuovo lo stesso tipo di persona e la stessa miseria ripetuta in forme diverse; ma la stessa miseria ripetuta è praticamente la stessa cosa.

Il problema di base nell’amore è che prima devi diventare maturo, allora troverai un partner maturo: le persone immature non ti attireranno affatto.
Le persone immature che cadono in amore distruggono a vicenda la propria libertà, creano un legame, una prigione.
Le persone mature in amore si aiutano a essere libere, si aiutano l’un l’altra a distruggere ogni tipo di legame.
E quando l’amore fluisce nella libertà c’è bellezza.
Quando l’amore fluisce nella dipendenza c’è bruttezza.
Ricorda, la libertà è un valore più alto dell’amore. Quindi se l’amore distrugge la libertà, non ha alcun valore.
L’amore può essere lasciato cadere, la libertà deve essere salvata: è un valore più elevato.
E senza libertà non potrai mai essere felice, non è possibile.
Libertà è il desiderio intrinseco di ogni uomo, di ogni donna: libertà totale, assoluta.
Ecco perché si inizia ad odiare tutto ciò che è distruttivo nei confronti della libertà.
Non odi forse l’uomo che ami? Non odi la donna che ami? Tu odii fatalmente. E’ un male necessario, devi tollerarlo. Poiché non sei in grado di stare da solo devi riuscire a stare con qualcuno e devi adeguarti alle richieste dell’altro. Devi tollerare, devi sopportare….

Tratto dal libro:
"Con te e senza di te" di Osho -

Fonte: www.osho.com

venerdì 16 aprile 2010

COME MEDITARE

Prima di leggere quest'articolo ti consiglio di leggere  http://ilpoteredelquieora.blogspot.com/2010/03/meditazione-sul-respiro.html
Ciò che facciamo è domare la nostra mente. Cerchiamo di superare ogni tipo di ansia ed agitazione, ogni tipo di schemi abituali di pensiero, in modo da essere in grado di sedere con noi stessi.
Domiamo la mente facendo uso della tecnica della presenza mentale. Molto semplicemente la presenza mentale è completa attenzione al dettaglio.  Anche se abbiamo ricordi del passato e idee sul futuro, è la situazione presente, quella che sperimentiamo.
Così siamo in grado di sperimentare la nostra vita pienamente. Potremmo ritenere che pensando al passato o al futuro rendiamo la nostra vita più ricca, ma se non prestiamo attenzione alla situazione immediata, ci perdiamo veramente la vita. Non c’è nulla che possiamo fare a riguardo del passato, possiamo solo passarlo in rassegna di nuovo e di nuovo, mentre il futuro è completamente sconosciuto.
Perciò la pratica della presenza mentale è la pratica dell’essere vivi. Quando parliamo di tecniche meditative, parliamo delle tecniche della vita. Non parliamo di qualche cosa di separato da noi. Quando parliamo dell’essere presenti e del vivere in modo presente, parliamo di pratica della spontaneità.
È importante capire che qui non si parla del tentativo di accedere a qualche stato mentale superiore, particolarmente elevato. Non stiamo dicendo che la nostra situazione attuale è indegna. Ciò che stiamo dicendo è che la situazione presente è completamente disponibile, in modo non distorto e che questo è possibile tramite la pratica della presenza mentale.

A questo punto possiamo descrivere la vera e propria forma della pratica.
La tecnica di base risiede nel notare il respiro, nell'avere la sensazione del respiro. Il respiro è ciò che usiamo come base per la nostra pratica della presenza mentale: ci riporta al momento, ci riposta alla situazione presente. Non accentuiamo né alteriamo assolutamente il respiro, semplicemente lo notiamo. Notiamo il respiro uscire ed entrare. Anche se ciò che stiamo facendo è molto semplice, sorge un numero incredibile di idee, pensieri e concetti sia sulla vita che sulla pratica stessa. Il modo con cui lavoriamo con tali pensieri consiste semplicemente nell'etichettarli. Facciamo semplicemente sapere a noi stessi che stiamo pensando e torniamo a seguire il respiro.
Perciò se ci chiediamo che cosa faremo per il resto della nostra vita, semplicemente etichettiamo ciò "pensiero", ma non ditelo mentalmente altrimenti anche quello sarebbe un pensiero. Riconoscete solamente il pensiero,osservatelo senza seguirlo, come fate vedendo passare una nuvola. Se ci chiediamo che cosa ci sarà per pranzo semplicemente sappiamo che ciò è "pensiero"e non lo sopprimete, non lo modificate, accettatelo come pensiero e riportate l'attenzione sul respiro. Ogni cosa che emerge è gentilmente riconosciuta e lasciata andare.
Non vi sono eccezioni in questa tecnica, non vi sono buoni pensieri e cattivi pensieri. Se state pensando a quanto sia meraviglioso meditare, questo è comunque un pensiero. Quanto era grande il Buddha: è comunque un pensiero. Se pensate che non state pensando esso è pur sempre un pensiero. Non importa quale estremo raggiungiate; è pur sempre pensiero; tornate al respiro.
Di fronte a tutti questi pensieri, è difficile essere nel momento e non lasciarsi deviare. La nostra vita ha creato una barriera fatta di diverse correnti, elementi ed emozioni che cercano di disarcionaci, destabilizzarci. Emerge di tutto, ma tutto è etichettato come pensiero e non siamo trascinati via.
Quando lasciamo la meditazione e torniamo ad occuparci della nostra vita manteniamo lo stesso tocco leggero che avevamo usato per lavorare con i nostri pensieri. Mantenere la propria posizione non significa rimanere rigidi e cercare di essere delle rocce; tutto il processo riguarda l'apprendere la flessibilità. Il modo con cui trattiamo i pensieri e noi stessi è lo stesso modo con cui trattiamo il mondo.
Quando iniziamo a meditare, la prima cosa che realizziamo è quanto la situazione sia selvaggia, quanto la mente sia selvaggia, quanto la nostra vita sia selvaggia. Ma quando iniziano a presentarsi le qualità della mente domata, quando siamo veramente in grado di sederci con noi stessi, vediamo che esiste una vasta ricchezza di possibilità che si presentano dinanzi a noi. La meditazione consiste nel guardare nel nostro cortiletto dietro casa, per così dire, nel guardare che cosa veramente abbiamo, per poi scoprire la ricchezza già esistente. La scoperta di tale ricchezza è un processo che avviene momento per momento e man mano pratichiamo, la nostra consapevolezza diviene sempre più acuta.
Questa presenza mentale allora avvolge tutta la nostra vita. Questo è il miglior modo per apprezzare la sacralità di tutto. Con l'aggiunta della presenza mentale improvvisamente tutta la situazione si ravviva. La pratica impregna tutto ciò che facciamo; nulla è escluso. La presenza mentale pervade suono e spazio. È un'esperienza completa.
Testo liberamente riadattato di Sakyong Mipham Rinpoche. Per consultare l'originale vai su http://lucca.shambhala.info/index.php?id=3210

mercoledì 14 aprile 2010

IL CORAGGIO DI ESSERE UNICI … di Osho

CONSIGLIATO:
"I creativi sono sempre ritenuti folli. Il mondo li riconosce ma molto in ritardo; si pensa sempre che manchi loro qualche rotella. I creativi sono gente eccentrica. Tutti i bambini nascono con la capacità di essere creativi. Senza alcuna eccezione, tutti i bambini tentano di essere creativi ma noi non glielo permettiamo. Cominciamo subito a insegnar loro il modo giusto di fare le cose e una volta che lo hanno imparato diventano dei robot: in seguito ripeteranno sempre la cosa giusta.
Più lo fanno, più diventano efficienti e più diventano efficienti più sono rispettabili. A un certo punto tra i 7 e i 14 anni nel bambino si verifica un grande cambiamento. Gli psicologi stanno facendo degli studi... cosa accade e perché? Tu possiedi due menti, due emisferi. L'emisfero sinistro non è creativo. Dal punto di vista tecnico è molto efficiente ma per ciò che riguarda la creatività è assolutamente impotente. Può fare solo qualcosa che ha già imparato e la può fare nel modo migliore alla perfezione: è meccanico. Questo emisfero sinistro è l'emisfero della logica, della matematica, del ragionamento.

E' l'emisfero dell'ordine, del calcolo, della disciplina, dell'astuzia. L'emisfero destro è semplicemente l'opposto. E' l'emisfero del caos, non dell'ordine; della poesia, non della prosa; dell'amore, non della logica. Il creativo ha una spiccata propensione per la bellezza e una notevole capacità di essere originale ma non è efficiente, deve continuamente fare esperimenti: non può fermarsi da nessuna parte; è un vagabondo, si porta la tenda sulle spalle. Certo si può fermare per una notte ma al mattino sarà ripartito... Fermarsi per lui equivale a morire. E' sempre pronto a rischiare, il rischio è il suo innamoramento. Questo è l'emisfero destro.
Quando un bambino nasce il lato destro è attivo, quello sinistro no. Poi cominciamo a impartirgli i primi insegnamenti, in modo ignorante e non scientifico. Nel corso dei secoli abbiamo imparato come spostare l'energia dall'emisfero destro al sinistro, come bloccare l'uno e fare funzionare l'altro. La scuola fa solo questo: dall'asilo all'università la cosiddetta istruzione non è altro che uno sforzo per distruggere l'emisfero destro e sostenere il sinistro. Da qualche parte tra i 7 e i 14 anni ci riusciamo e il bambino viene ucciso, distrutto. A questo punto non è più selvaggio, diventa un cittadino. Impara la via della disciplina, del linguaggio, della logica, della prosa. Inizia a competere nella scuola, diventa un egoista, acquisisce tutte le nevrosi della società. Si interessa ai soldi e al potere.
Comincia a pensare a come diventare più educato per essere più ricco e potente, avere una casa più grande e qualsiasi altro agio. Il centro della sua attenzione si sposta. L'emisfero destro comincia allora a funzionare sempre meno oppure funziona solo nei sogni, nell'inconscio profondo. O talvolta quando si assume una droga. La grande attrazione che esiste in Occidente verso le droghe è dovuta semplicemente al fatto  che lì l'emisfero destro è stato completamente distrutto, grazie a un'educazione coatta. L'Occidente è diventato troppo civilizzato; cioè è arrivato a un estremo. Adesso sembrano non esserci altre possibilità; se nelle università e nei college non si iniziano a usare mezzi che aiutino l'emisfero destro a rivivere, le droghe non scompariranno…
Il criminale non è chi assume le droghe, ma il politico, l'educatore. Sono loro i colpevoli: hanno costretto la mente umana a un tale estremo da creare il bisogno di ribellarsi. Ed è un bisogno spasmodico! La poesia è completamente scomparsa dalla vita della gente e così la bellezza... I soldi, il potere, il prestigio sono diventati gli unici idoli... Se al bambino venisse insegnato che entrambe le menti gli appartengono e imparasse a usarle tutte e due e gli venisse spiegato quando usare l'una o l'altra... Esistono situazioni in cui è necessario solo l'emisfero sinistro, in cui hai bisogno di ragionare: al mercato, nelle faccende della vita di tutti i giorni.
E ci sono occasioni in cui hai bisogno dell'emisfero destro... Distruggi allora tutto ciò che la società ti ha fatto, tutto ciò che genitori ed educatori ti hanno fatto. Distruggi tutto ciò che il poliziotto, il politico, il prete ti hanno fatto: e sarai di nuovo creativo, proverai di nuovo quel brivido che avevi all'inizio. E' ancora lì in attesa, represso e si può sprigionare... Naturalmente avrai bisogno di molto coraggio, perché quando cominci a disfare ciò che la società ti ha fatto, perderai ogni rispettabilità. Non sarai più considerato una persona degna di stima. Comincerai a sembrare un eccentrico; agli occhi della gente sarai uno stravagante. la gente penserà: quel poveraccio, ha perso qualche rotella...
Ecco il coraggio più grande: affrontare una vita in cui la gente penserà che sei stravagante...."
(Osho, maestro indiano morto nel 1990 e  considerato sia dal pensiero occidentale che orientale una delle più grandi guide di libertà di tutti i tempi in “La via del cuore”, pp 90-93, Oscar Mondadori 2001)
Fonte: http://www.fiumesilente.com/forums/osho/il-coraggio-di-esser-unici-%E2%80%A6-di-osho

PRESENZA NEL QUI E ORA




dI Ajahn Sumedho



© Ass. Santacittarama, 2006. Tutti i diritti sono riservati.
SOLTANTO PER DISTRIBUZIONE GRATUITA.
Traduzione di Gabriella De Franchis. 
Un discorso di Dhamma tenuto durante un ritiro a Spirit Rock, un centro di ritiro negli Stati Uniti, il 3 Luglio 2005. Pubblicato in inglese sul sito: www.abhayagiri.org.



Portate la vostra attenzione a questo momento, al qui ed ora. Qualsiasi cosa stiate sentendo fisicamente o emotivamente, di qualsiasi natura essa sia, questo è il modo in cui essa è. Questa conoscenza del modo in cui la cosa è si chiama consapevolezza; è il modo in cui noi facciamo esperienza dell’ora. Prestate attenzione a questo. Quando siamo pienamente coscienti, attenti al qui e ora senza attaccamento, allora non stiamo cercando di risolvere i nostri problemi, non stiamo ricordando il passato o pianificando il futuro. E se stiamo facendo queste cose allora fermiamoci e riconosciamo quello che stiamo facendo. Il non attaccamento significa che non stiamo creando niente di più nella nostra mente; siamo solo presenti. Questo significa riflettere sul modo in cui la cosa è.

Quando pensiamo, facciamo progetti, proviamo paura, facciamo previsioni, abbiamo speranze, ci aspettiamo qualcosa dal futuro, tutto questo avviene qui e ora, non è vero? Sono stati mentali che noi creiamo nel presente. Che cosa è il futuro? Che cosa è il passato? C’è soltanto l’ora, questo momento presente. Allora ci possiamo chiedere: "Che cosa è che conosce?" Noi vogliamo sempre determinare il soggetto. E’ questo il mio io reale? E’ questo il mio vero sé? Questa soggettività, questo porsi delle domande e volere trovare una identità, è anche una creazione nell’ora. Se ci affidiamo al silenzio, non c’è nessuno. Non troviamo nessuno nel suono del silenzio. Tutto il problema finisce.

Quanta concretezza ha un qualsiasi ricordo nel presente? Ha qualche essenza permanente? Il ricordo di una persona è realmente quella persona? Pensate a vostra madre, adesso. Anche se vostra madre è scomparsa tanti anni fa potete comunque pensare “madre” e le percezioni e i ricordi sorgono. Dov’è vostra madre ora, in questo momento mentre voi siete seduti qui e pensate a lei? E’ una percezione nella vostra mente. Sapere che i ricordi e le percezioni vengono create nel presente non è una critica o una negazione, si tratta semplicemente di porre i pensieri nel contesto in cui realmente sono.

Quanta sostanza
un ricordo ha
nel presente?

Spesso noi viviamo nel regno del tempo e dell’io e ci crediamo ciecamente, persi nelle nostre creazioni. Ma vedendo il Dhamma troviamo una via d’uscita da questa trappola mentale. La nostra società crede ciecamente in queste illusioni, quindi non ci possiamo aspettare molto aiuto da questa. Per esempio, a noi piace molto la storia, non è vero? “Voi sapete che il Buddha è realmente esistito. E’ un fatto storico”. E questo ce lo fa apparire reale, perché abbiamo fiducia nella storia. Ma la storia che cosa è? E’ ricordo. Se leggiamo differenti storie sullo stesso periodo di tempo, esse ci sembrano molto diverse. Io ho studiato storia coloniale britannica in India. Un resoconto scritto da uno storico britannico è molto diverso da quello scritto da uno storico indiano. Uno di loro mente? No. Probabilmente entrambi sono onorabili studiosi, ma ognuno di loro vede e ricorda le cose in modo diverso. Il ricordo è così.

E allora quando esaminiamo il nostro ricordo, osserviamo soltanto il fatto che i ricordi vanno e vengono; e quando se ne sono andati, ciò che rimane è la coscienza. La coscienza è ora. Questo è il sentiero, qui e ora, nel modo in cui è. Usate quello che sta avvenendo ora come sentiero, piuttosto che continuare con l’idea che voi siete qualcuno che viene dal passato e che ha bisogno di praticare per liberarsi da tutte le contaminazioni per raggiungere l’illuminazione in futuro. Questo è solo un io creato da voi e nel quale voi credete.

Noi soffriamo molto quando, ricordando il passato, ci sentiamo colpevoli. Ricordiamo cose che abbiamo detto o fatto, o che non avremmo dovuto fare, e stiamo molto male. O speriamo che tutto vada bene nel futuro e poi ci preoccupiamo del fatto che qualcosa possa andare storto. Ebbene le cose possono andare bene come possono andare male. O possono andare in parte bene e in parte male. Qualsiasi cosa può accadere nel futuro. Ecco perché ci preoccupiamo, non è vero? Ci piace andare dai chiromanti perché pensiamo che il futuro può essere tremendo per noi, se non lo conosciamo. Quale sarà il risultato della nostra decisione? Ho fatto la scelta giusta?

Dire “E' così”
è solo un modo per ricordare
a se stessi
di vedere questo momento
così come è.

La sola cosa sicura del futuro - la morte del corpo - è qualcosa che cerchiamo di ignorare. Il solo pensare alla parola morte blocca la mente, non è vero? Per me è così. Non è particolarmente educato o politicamente corretto, parlare di morte in una conversazione casuale. Che cosa è la morte? Che cosa succederà quando muoio? Il non saperlo ci turba. Ma non lo sappiamo, non è vero? Noi non sappiamo cosa accadrà quando il corpo morirà. Abbiamo diverse teorie - come la reincarnazione o il premio in una rinascita migliore o la punizione in una nascita peggiore. Alcuni sostengono che una volta che si è ottenuta la nascita umana, si possa ancora rinascere come creatura inferiore. E poi c’è la scuola che dice no, una volta che si è rinati sotto forma umana non si può più rinascere come creatura inferiore. O la credenza nell’oblio - una volta che siamo morti, siamo morti. Punto e basta. Nient’altro. Finito. La verità è che nessuno lo sa veramente. Così spesso la ignoriamo o la reprimiamo.

Ma tutto questo succede nell’ora. Pensiamo al concetto della morte nel presente. Il modo in cui la parola morte influenza le nostre coscienze “è così”. Questo è sapere di non sapere nell’ora. E’ non cercare di provare alcuna teoria. E’ sapere: il respiro è così, il corpo così; lo stato d’animo, il nostro stato mentale è così. Questo significa sviluppare il sentiero. Dire “è così” è solo un modo di ricordare a se stessi di vedere questo momento così com’è, piuttosto che essere intrappolati nell’idea che dobbiamo fare qualcosa o trovare qualcosa o controllare qualcosa o liberarci di qualcosa.

Sviluppare il sentiero, coltivare bhavana, non è soltanto meditazione formale che possiamo fare solo in un determinato posto, in certe condizioni, con certi maestri. Questa è soltanto un’altra idea che ci stiamo creando nel presente. Osservate come praticate nella vostra vita quotidiana - a casa, in famiglia, al lavoro. La parola bhavana significa essere consapevoli della mente dovunque voi siate nel momento presente. Io posso darvi consigli per sviluppare la meditazione seduta - tanti minuti ogni mattina e tanti ogni sera - il che è certamente una cosa da tenere in considerazione. E’ utile acquisire una disciplina, prendersi un po' di tempo nella vita di tutti i giorni per smettere con qualsiasi attività, qualsiasi impulso di obbligo morale, responsabilità e abitudine. Ma quello che ho trovato ad aiutarmi maggiormente è stato riflettere e fare attenzione sul qui ed ora.

Anche se andiamo
in luoghi meravigliosi
non sono poi così diversi.
E’ solo
una nostra montatura.

E’ così facile pianificare il futuro o ricordare il passato specialmente quando niente di veramente importante sta succedendo in questo momento: “In futuro ho intenzione di insegnare in un ritiro di meditazione” oppure “Il mio viaggio in Bhutan è stato una visita veramente particolare in un luogo veramente esotico dell’Himalaya.” Ma molto nella vita non è niente di speciale; è così come è. E anche andare in meravigliosi luoghi dell’Himalaya è così come è - alberi, cielo, consapevolezza; non c’è tutta questa differenza. E’ solo che noi ci costruiamo sopra. Sento anche che la gente soffre molto per le cose che ha fatto o che non avrebbe dovuto fare - errori, crimini, cose terribili dette nel passato. Le persone possono diventare ossessionate perché una volta che cominciano a ricordare i loro errori si crea tutto uno stato d’animo. Tutti i momenti colpevoli del passato possono tornare a galla e distruggere la nostra vita presente. Molte persone finiscono per rimanere bloccate in un vero insopportabile regno infernale che si sono create da sole.

Ma tutto questo succede nel presente, ed è per questo che il momento presente è la porta verso la liberazione. E’ l’ingresso al “Senza Morte”. Risvegliarsi a questo non vuol dire sopprimere, negare, rimuovere, difendere, giustificare, condannare; è quello che è, prestare attenzione al ricordo. “Questo è un ricordo.” è una affermazione corretta. Non è una rimozione del pensiero, ma non lo si sta più considerando con attaccamento personale. I ricordi, se visti chiaramente, non hanno essenza. Si dissolvono nell’aria sottile.

Provate a ricordare una vostra colpa e mantenete il ricordo deliberatamente. Pensate a qualche cosa di terribile che avete fatto in passato, e poi stabilite di tenerlo nella vostra coscienza per cinque minuti. Cercando di continuare a pensarci, scoprirete quanto è difficile da trattenere. Ma quando quello stesso ricordo sorge e voi gli opponete resistenza, ci sguazzate dentro o ci credete, allora può accompagnarvi per tutta la giornata. Tutta una vita può essere riempita di colpe e rimorsi.

Ogni volta che sei
consapevole di ciò
che stai pensando
stai diventando
un esperto.

Così soltanto nel risveglio, vedendo la cosa così com’è, c’è un rifugio. Ogni volta che siete consapevoli di quello che state pensando - non critici, anche se state pensando a qualcosa di veramente brutto o spiacevole - state diventando degli esperti. Questo è ciò in cui potete avere fiducia. Mentre sviluppate questo, acquisite più fiducia. La vostra consapevolezza diventerà una forza più grande delle vostre emozioni, delle vostre contaminazioni, delle paure e dei desideri. All’inizio ci può sembrare che emozioni e desideri siano più forti, che la semplice consapevolezza sia impossibile. Si possono avere soltanto pochi brevi momenti di consapevolezza e poi si torna di nuovo nella tempesta che imperversa. Può sembrare senza speranza, ma non lo è. Più la si mette alla prova, la si investiga, si dà fiducia a questa consapevolezza, più diventa stabile. Gli apparenti poteri invincibili delle qualità emotive, delle ossessioni e delle abitudini, perderanno quel senso di essere la forza più grande. Troverete che la vostra vera forza è nella consapevolezza, non nel controllo dell’oceano, delle onde, dei cicloni e degli tsunami e di tutto il resto che comunque è impossibile per voi controllare. E’ solo nell’avere fede in questo punto - qui ed ora - che si realizza la liberazione.

Dire “è così” significa solo ricordare a se stessi di vedere questo momento così com’è. Anche andare in posti meravigliosi non è poi così differente. E’ solo la costruzione che ci facciamo sopra, rimuovendo, difendendo, giustificando o condannando; è quello che è: un ricordo. “Questo è un ricordo.” è una affermazione onesta. Non è una rimozione del pensiero. E’ che non lo sta considerando con attaccamento. I ricordi, se visti chiaramente, non hanno essenza. Si dissolvono nell’aria sottile.

° ° ° ° °

Luang Por Sumedho è nato a Seattle, Washington. Nel 1966 si è recato in Thailandia per praticare la meditazione e non molto tempo dopo ha preso l'ordinazione come monaco. Si è messo al seguito di Luang Por Chah e vi è rimasto per dieci anni. Nel 1977 ha accompagnato Luang Por Chah in Inghilterra ed ha aiutato alla creazione del Monastero di Chithurst e poi di Amaravati, dove è attualmente residente.
FONTE: http://santacittarama.altervista.org/qui_e_ora.htm

Libri Spiritualità:

martedì 13 aprile 2010

LA REALTA' E' UN'ILLUSIONE di Lucio Giuliodori


La prova della non località quantistica e, di seguito, l'effetto entanglement che ne deriva sembrano davvero il nodo essenziale che possa riunire le parti di una stessa conchiglia o di uno stesso cervello, sebbene rivolte in direzioni diverse. La scienza e lo spirito. E questo senz'altro solleva innumerevoli riflessioni. Non è un caso, che il noto fisico David Bohm incontrò ai confini della fisica, l'atrettanto noto maestro spirituale Jiddu Krishnamurti. E' ancora davvero il caso di stare a discutere su chi dei due avesse ragione?
Negli anni quaranta, Dennis Gabor, premio Nobel per la fisica, sviluppò una teoria matematica che solo venti anni dopo, grazie allo sviluppo tecnologico, poté essere meglio esposta e compresa. Essa infatti richiedeva l’invenzione del laser, per apparire in tutta la sua strabiliante originalità.
Stiamo parlando di quella che potrebbe rivelarsi la scoperta più sconvolgente nella storia del pensiero scientifico contemporaneo, la quale aprirebbe scenari e possibilità mai ipotizzate prima d’ora. “Nel 1982” – spiega il Prof. Richard Boylan, “un équipe di ricerca dell’Università di Parigi, diretta dal fisico Alain Aspect, ha condotto quello che potrebbe rivelarsi il più importante esperimento del ventesimo secolo. Aspect ed il suo team hanno infatti scoperto che, sottoponendo a determinate condizioni delle particelle subatomiche, come gli elettroni, esse sono capaci di comunicare istantaneamente l’una con l'altra, indipendentemente dalla distanza che le separa, sia che si tratti di dieci metri o di dieci miliardi di chilometri. E’ come se ogni singola particella sapesse cosa stiano facendo tutte le altre.
Questo fenomeno può essere spiegato solo in due modi: o la teoria di Einstein che esclude la possibilità di comunicazioni più veloci della luce è da considerarsi errata, oppure le particelle subatomiche sono connesse non-localmente. Poiché la maggior parte dei fisici nega la possibilità di fenomeni che oltrepassino la velocità della luce, l’ipotesi più accreditata è che l’esperimento di Aspect sia la prova che il legame tra le particelle subatomiche sia effettivamente di tipo non locale”.
Nel suo libro La realtà quantistica, Nick Herbert afferma che la non-localizzazione delle particelle spiegherebbe questa loro incredibile comunicazione non mediata né da campi né da nessun altro fenomeno (proprio perché le loro influenze e i loro contatti avverrebbero all’istante). Nessun filosofo e nessuno scienziato avrebbe mai pensato che le categorie di spazio e tempo, si sarebbero potute annullare così facilmente! Nonostante ciò, le quattro forze fondamentali della natura (forza gravitazionale, forza elettromagnetica, interazione nucleare forte e interazione nucleare debole), possono tranquillamente essere descritte senza ricorrere ai concetti della non-localizzazione. Ma allora perché proporre questa teoria? Semplicemente perché le spiega ancora meglio! Parlando della non-località applicata alla forza gravitazionale: come fa la terra a sapere che io ci sono, per tirarmi verso il basso?! Oppure riguardo all’interazione nucleare forte: perché un elettrone rimane intorno al nucleo piuttosto che andarsene altrove? Cioè, come fanno a comunicare? Non solo…
Il modello non-locale della realtà può addirittura condurre la fisica teorica verso quello che è stato il principale obiettivo di Einstein: la definizione di una quinta forza, una superforza che racchiuda e spieghi in sé tutte le altre interazioni della natura. Nel 1964 il fisico irlandese John Stewart Bell, dimostrò l’effettiva esistenza di un mondo non localizzato. In una prova matematica confermata da diversi esperimenti, chiamata “Teorema di Bell”, egli dimostrò che l’ipotesi secondo cui il mondo è intrinsecamente localizzato, è assolutamente errata. Se da tempi antichi, se non antichissimi, questa teoria si dà per scontata (considerandola nemmeno come tale ma come dato di fatto), per lo meno in ambito esoterico, ai giorni nostri sono veramente tanti, e aumentano a vista d’occhio, gli studiosi coraggiosi e i ricercatori all’avanguardia che cominciano ad appoggiarla: pensiamo a Capra, Bateson, Prigogine, Laszlo, Jantsch, Talbot ecc.
D’altronde anche eminenti fisici quali Einstein, Pauli, Bohr, Schrödinger, Heisenberg e Hoppenheimer non erano del tutto contrari ad una visione del mondo arricchita anche da una valenza prettamente spirituale. Arrivare però a dire che la realtà è un’illusione confermando quanto vanno dicendo da millenni le tradizioni esoteriche, sia Occidentali sia Orientali, è veramente rivoluzionario. E’ addirittura esageratamente oltraggioso, quasi ridicolo agli occhi di qualche scienziato legato a modelli di comprensione tradizionali – o forse verrebbe da dire “superati” – se non fosse per la levatura scientifica di colui il quale illustrò ancora più approfonditamente questa incredibile scoperta.
Sto parlando ovviamente di David Bohm, già collaboratore di Einstein e Professore di fisica teorica al Birbeck College di Londra. Da poco scomparso, e già fortemente rimpianto, Bohm, fu uno dei più illustri scienziati dell’era contemporanea. Costui, grazie al concetto di “ologramma” è riuscito a spiegarci in termini scientifici che cos’è il velo di maya di cui la filosofia indiana, ha sempre parlato, illuminando gli occhi di chi ha orecchie attente. Dalle teorie di Bohm, si evince che le energie elettromagnetiche e l’intera realtà fisica, sono create dalla prodigiosa e “magica” natura delle particelle subatomiche, le quali, incredibilmente, si presentano sotto il duplice aspetto di particelle e di onde.
Ciò permette a tali particelle di rimanere in contatto e di venire quindi informate a vicenda, indipendentemente dalla distanza che le separa, la quale dunque, a questo punto, è una pura illusione. Le distanze quindi, servirebbero alla mente, per organizzare meglio i dati sensoriali provenienti dal mondo “esterno”, esse però, tranne che nella costruzione di questo ordine mentale, non esistono in realtà. In sostanza, secondo Bohm, le particelle non sono entità individuali ma estensioni di uno stesso organismo, e il fatto che appaiano separate, deriva dalla nostra incapacità di vedere la realtà nella sua interezza.
Noi vediamo solo la parte e non il tutto, non riuscendo dunque a capire che il tutto è la parte e la parte è il tutto. Immaginiamo un acquario, al cui interno sta nuotando un pesce. Noi non vediamo il pesce a occhio nudo ma solo grazie a due telecamere, una posizionata di fronte all’acquario, l’altra di lato. All’apparenza sembrerebbero due entità separate, due pesci diversi, uno visto da davanti, l’altro di lato ma guardandoli meglio potremmo scoprire un legame interessante: quando uno si gira, si gira anche l’altro. Ignari dell’esperimento, potremmo addirittura pensare che i due pesci comunicano tra loro, istantaneamente e misteriosamente. Il comportamento delle particelle subatomiche è altrettanto misterioso, e non fa che accreditare l’esistenza di un livello di realtà, del quale noi non siamo minimamente consapevoli.
Grazie agli ologrammi prodotti dal laser, Bohm, in sostanza, è arrivato a scoprire che la minima parte dell’ologramma di un oggetto contiene l’oggetto intero. Tutto ciò è assolutamente sconvolgente. Se noi produciamo l’ologramma di una rosa e poi scomponiamo in piccolissime parti quell’ologramma, non perderemmo mai l’oggetto nella sua interezza, pur avendolo più volte diviso! Esso infatti è contenuto in ogni singola frammentazione, in ogni – a questo punto apparente – divisione della rosa stessa. Karl Pribram, neurofisiologo dell’Università di Stanford, ha avvalorato ancora di più la natura olografica della realtà, grazie a numerosi studi condotti su ratti, a cui veniva asportata una parte di cervello. Nonostante diverse e successive asportazioni infatti, i ratti continuavano a conservare i ricordi, dei quali dunque, in seguito all’esito degli esperimenti, non si può più ammettere un’esistenza localizzata. La stessa capacità umana di attingere all’istante, ad un qualsiasi ricordo, tra miliardi e miliardi di informazioni contenute nel nostro cervello, non fa che avvalorare la non-localizzazione dei ricordi, e quindi la non “catalogabilità” del tempo.
Queste importanti rivelazioni, di parte del mondo scientifico contemporaneo, che per chi ha familiarità con l’energia e le sue incredibili manifestazioni, non sono che l’ennesima conferma di saggezze antiche, possono dunque dirigere il mondo intero verso una convivenza migliore. Se tutto è connesso infatti, è assolutamente controproducente da parte di un essere, provocare il dolore o addirittura la morte di un altro essere. Ad un livello profondo di realtà infatti, Bohm direbbe “implicito”, è come far male a se stessi. Gli indiani parlavano di karma, ma ne parlavano già 3.500 anni fa. Dobbiamo aspettare ancora?

Lucio Giuliodori: http://www.luciogiuliodori.net

venerdì 9 aprile 2010

ENZO BIAGI INTERVISTA OSHO



ENZO BIAGI: Come prima cosa vorrei chiederti qual è il tuo insegnamento.
OSHO: Io non ho nessun insegnamento. Non sono un insegnante. Non do nessuna filosofia della vita, né alcuna disciplina, né programmi da seguire. Ho un approccio alla vita ben preciso, che condivido con i miei amici. E il mio approccio inizia con una deprogrammazione. Per ciò che mi riguarda questa è la parola chiave. Essere iniziati alla mia amicizia significa essere iniziati a un processo di de-programmazione. Ogni essere umano viene programmato dalla nascita a essere cristiano, hindu, ebreo, mussulmano. Il bambino nasce innocente, ma immediatamente viene appesantito da migliaia di concetti, coi quali vive poi tutta la vita. In questo modo si vive una vita fasulla; non è autentica, non è onesta perché non ti appartiene. Non hai scoperto tu le cose che tenti di vivere… ecco perché, come prima cosa, aiuto la gente a liberarsi da tutti i suoi condizionamenti. Chi viene da me, anche se è cristiano, non lo sarà più; anche se è un hindu, non lo sarà più; anche se è mussulmano, non lo sarà più. Io mi limito a ridare a ciascuno la propria innocenza, la propria umanità, la propria purezza, la propria individualità. Il mio lavoro tende essenzialmente a distruggere i condizionamenti di quanti vengono da me. Ed è un lavoro semplicissimo, perché nessuno di quei condizionamenti ha basi logiche, nessuno si fonda sull’intelligenza. Sono tutte superstizioni, sorrette da impalcature logiche, ma quella logica è falsa. Non esiste nulla di autentico. Ad esempio, tutte le religioni si fondano sulla menzogna più grande che esista al mondo: Dio. Nessuna religione è riuscita a dimostrare in maniera logica e scientifica la sua esistenza; tuttavia, tutte continuano a inculcare in ogni bambino l’idea di Dio. E’ semplicissimo eliminarla: si deve solo far vedere a chi ti sta di fronte che si tratta di un’idea imposta. La tua intelligenza non l’ha mai accettata. Viceversa si tratta di una corruzione della tua innocenza da parte di genitori, insegnanti, preti, che con la logica ti hanno plagiato. Tutte le religioni affermano che Dio è necessario, altrimenti chi avrebbe creato l’esistenza? C’è l’esistenza, quindi ci deve essere un creatore. Senza un creatore, come può esistere la creazione? Ma poi non vanno oltre. Una persona intelligente andrebbe oltre e chiederebbe: “Ma in questo caso, chi ha creato Dio?” Se Dio esiste senza che esista un creatore, dove va a finire la vostra logica? L’esistenza ha bisogno di un creatore, ma il creatore no? Non è logico. Questo non è altro che un’ingannevole manipolazione dell’innocenza umana; un bambino non è in grado di mettersi a discutere. Si limita ad accettarla come un dato di fatto. Mi ricordo un aneddoto molto bello. All’università di Parigi insegnava un professore di filosofia un po’ eccentrico, cosa non rara. Era preside della facoltà ed era sua abitudine fare affermazioni assurde, finché un giorno superò ogni limite. Iniziò la lezione dicendo: “lo sono l’uomo più importante del mondo intero”.
Era troppo! Uno studente si alzò e disse: “Sei un grande filosofo, un logico eccezionale, per cui devi dimostrare logicamente ciò che hai detto”. Il professore non solo era pronto, ma ne fu felice. Srotolò un planisfero e chiese: “Qual è la nazione più grande del mondo?” Tutti, ovviamente, risposero: “La Francia!” il professore rise, senza che gli studenti ne capissero il motivo. Quindi proseguì, chiedendo: “E in Francia qual è la città più sacra, la più importante?” In coro risposero: “Parigi.. E la più bella!” Di nuovo rise. Gli studenti si sentirono a disagio. Probabilmente stava guidandoli verso conclusioni logiche a loro sconosciute, che ancora non vedevano.
La domanda successiva fu: “E qual è il luogo più importante nella città più bella del mondo?” “L’università ovviamente, il tempio della saggezza”, fu la risposta. Di nuovo il professore rise e chiese: “E quale facoltà è la più importante nell’università?” Gli studenti si trovarono in trappola. Riconobbero che aveva costruito un’argomentazione artificiale. Sembrava logica senza esserlo… a quel punto dovettero dire: “La nostra facoltà naturalmente”. La risata finale fu fragorosa: “Ora capite perché ho detto che sono la persona più importante del mondo? Io sono il preside di questa facoltà”.
Tutti gli argomenti riguardanti Dio, il paradiso, l’inferno, seguono la stessa linea. Il mio lavoro tende a distruggere la falsa struttura della logica, a quel punto le vostre fondamenta iniziano a sgretolarsi, scompaiono le vostre mitologie, lasciandovi uno spazio incontaminato, da cui sorge la vostra individualità. A quel punto non sei più parte di una folla. Il mio lavoro fondamentale è questo: renderti un individuo, non un semplice ingranaggio dei sistema, non una particella della massa. Voglio darti un’integrità, una libertà dell’anima, in modo tale che tu non sia più vittima di alcuna schiavitù, detta cristianesimo, induismo, ebraismo: per la prima volta sarai semplicemente te stesso. A quel punto entrerà in gioco la tua ricerca della verità, la tua indagine nella verità. E ricorda, tutte le risposte che ti sono state date da altri non potranno mai salvarti. Solo la tua risposta, quella che troverai con le tue mani, con la tua ricerca, potrà liberarti dall’ignoranza, dall’infelicità, dall’angoscia. Io non ho insegnamenti. Offro solo espedienti, stratagemmi. Non sono un insegnante, sono un Maestro. Gli insegnanti offrono insegnamenti, i Maestri possiedono espedienti, stratagemmi, metodologie per trasformare la gente.
BIAGI: Perché sei stato arrestato in America e poi sei stato costretto ad andartene?


OSHO: Perché Socrate fu avvelenato? Perché Gesù fu crocefisso? Perché tante volte si attentò alla vita di Buddha? A me non hanno fatto un gran male, si sono limitati ad arrestarmi senza un mandato, senza spiegarmene il motivo, senza permettermi di chiamare i miei avvocati, come era mio diritto. Non risposero alle mie domande, la sola risposta evidente erano quei dodici fucili carichi che mi erano stati puntati contro. In ogni caso, quell’esperienza mi ha divertito. Sono stati molto più gentili con me di quanto non furono con Socrate. Non mi hanno avvelenato. Sono stati molto più gentili con me di quanto non furono con Gesù. Non mi hanno crocifisso. Si sono limitati a maltrattarmi per dodici giorni spostandomi da un carcere all’altro. Di fatto è stata un’esperienza eccezionale: ho sempre desiderato visitare l’inferno, sebbene non esista. L’America mi ha concesso l’opportunità di visitarlo. Ma dopo dodici giorni, poiché non esisteva alcuna accusa contro di me, visto che non ho mai fatto del male a nessuno, non ho mai commesso crimini… il mio solo crimine è stato di aver creato una comune in cui cinquemila persone vivevano così felici e così festanti che quella felicità e quella beatitudine suscitarono la gelosia dei vicini, dei politicanti e in particolare dei cristiani. I cristiani sono venuti in Oriente e hanno convertito milioni di persone al cristianesimo. Ora, per la prima volta, qualcuno sottraeva migliaia di cristiani al loro gregge, senza che loro potessero fare qualcosa… Inoltre, la gente convertita in Oriente non era istruita, erano sempre gli analfabeti, i poveri, mai gli strati più elevati della società. In Oriente i cristiani hanno convertito mendicanti, aborigeni, tribù primitive, orfani, gente che stava morendo di fame per le strade. Mai sono riusciti a convertire un solo intellettuale, una sola persona intelligente, in tutto l’Oriente! Ovviamente si sentirono tremendamente offesi, perché io non convertivo mendicanti, orfani, bensì le loro menti migliori, convertivo solo l’intelligentzia. E non la convertivo a un’altra religione: sarebbe facile toglierti di mano un giocattolo per dartene uno nuovo. Tutti sono felici di avere un giocattolo nuovo. Quello vecchio era ormai sporco, consumato, andava in pezzi, è stato usato da un’infinità di persone per secoli… è molto più bello trovarsi in mano un giocattolo nuovo. Ma io non convertivo questa gente a un’altra religione: mi sono limitato a deprogrammarla… Dunque, sono stati i cristiani alle spalle dei politici a spingerli perché venissi scacciato dagli Stati Uniti. Questa è la prova di quanto sia povera la teologia cristiana, altrimenti sarebbero usciti allo scoperto: io ero pronto a discutere su tutto ciò che volevano. La mia espulsione dagli Stati Uniti dimostra quanto sia povera di argomenti la teologia cristiana. Se avessero avuto coraggio, mi avrebbero invitato a una discussione pubblica. Sapevano, purtroppo di non avere argomenti validi a loro sostegno. Per cui misero in atto un piano criminale per arrivare a espellermi. Ma tutto questo non mi fermerà. Ovunque sarò, continuerò ad attuare il mio metodo. Non possono espellermi da questo pianeta! La mia espulsione non è altro che un segno di sconfitta del cristianesimo, della grande potenza, gli Stati Uniti d’America: non riuscirono a trattare con un individuo, che da solo, senza appoggio di eserciti, si era posto loro davanti, con il solo scopo di proporre un modo nuovo di guardare le cose. Hanno preferito restare ciechi. Ma è l’esperienza di tutta la mia vita: io vendo candele in una città di ciechi! Non è colpa loro se sono in collera con me. E’ un mio errore, ma sono impotente, non posso fare altro: lo commetto e continuerò a commetterlo fino a quando esalerò l’ultimo respiro.
BIAGI: Come avete fatto tu e la tua comune a diventare tanto ricchi?
OSHO: Io non ho fatto nulla per arricchirne. Solo chi è ricco è attratto da me; perché solo le persone intelligenti sono attirate da me. Devi capire che esiste una gerarchia di valori.
Non chiedi mai: “Come mai un povero non è attirato dai dipinti di Picasso?” né chiedi: “Come mai un mendicante non si interessa alla musica di Mozart?” Tuttavia si continua a chiedere come mai solo i ricchi, persone colte, intelligenti, istruite, sono attratte da me. La religione è il lusso supremo. Ovviamente, ne saranno attratte solo le persone che se lo possono permettere. Non si adatta al povero, il povero non ha bisogno di religione. E in nome della religione al povero sono stati dati solo oppio e consolazioni. In nome della religione al povero è stato dato qualcosa di falso, un surrogato. Al povero, che sta morendo di inedia, che è malato, stanco, non si addice la vera religione. Non gli è possibile interessarsi ai voli della consapevolezza. Vuole qualcosa da mangiare, vuole una casa, degli abiti. Fa freddo, è nudo e tu gli parli di meditazione e di consapevolezza? Gli vai a parlare di come conseguire le vette supreme dell’essere? E’ semplicemente assurdo! Quindi, non è vero che la mia gente si è industriata per arricchirsi.. In realtà chiunque venga a me è già ricco. E per quello che viene da me: la religione ha inizio solo quando sei stufo della tua ricchezza, quando possiedi tutto ciò che il denaro ti può dare e tuttavia ti ritrovi vuoto. Hai tutto ciò che puoi possedere, tuttavia scopri che ti manca qualcosa che il denaro non è in grado di darti, per cui devi cercare altre strade. Quando il denaro ti ha dato tutto, quando tocchi il fondo delle sue capacità, il gioco finisce: presto inizi a esserne annoiato e stanco. A quel punto o ti suicidi, oppure inizi una ricerca che ti può condurre a un uomo come me. Io attraggo i ricchi e non fornisco nessun oppio a chi viene da me, ragion per cui il mio stile di vita non si addice al povero.
BIAGI: Come spieghi l’effetto carismatico che hai sulla gente?
OSHO: E’ molto semplice. Io non sono un politicante. Gli uomini politici esprimono in parole ciò che la gente desidera sentire. Io esprimo con le parole la mia esperienza. Senza preoccuparmene se piace o non piace a chi mi ascolta.. Quando parlo, parlo con tutto il mio cuore, senza rispettare affatto le tue reazioni.
Fonte: http://rema2007.wordpress.com/2008/05/05/enzo-biagi-intervista-osho-12011986/

Aggiungiamo un commento di due discepoli di Osho all'intervista, con un limite se possiamo esprimerci che è quello che fu di dare un taglio tutto politico, dualistico alla diffusione dell'esperimento di Osho in Italia - al di là delle responsabilità storiche al non arrivo in Italia di Osho... Ma è un discorso che affronteremo nel dettaglio prima o poi...includendo il senso degli affari più che della ricerca da parte dei discepoli...
Le strutture di potere - Chiesa sorgono già quando i Maestri sono in vita...
 Rochan

Osho - Biagi: un incontro rimosso (dai media)

Il desiderio di scrivere qualche riga sull'intervista che Enzo Biagi fece a Osho sobbarcandosi un viaggio fino a Katmandu mi è nato quando, a seguito della morte di Biagi ho notato che nessun giornale o televisione avesse citato questo incontro nelle centinaia di servizi che i nostri media hanno giustamente dedicato al giornalista scomparso. Eppure all'epoca, nel gennaio '86, quando RAI UNO mandò in onda il servizio in prima serata, l'intervista ebbe un impatto fortissimo solo per il fatto, più unico che raro, che un Maestro spirituale indiano venisse intervistato dal più grande giornalista italiano sul canale televisivo più seguito, nella fascia d'ascolto più alto.

Il silenzio assordante dei media intorno a questo servizio di Biagi nei giorni seguenti alla sua morte mi ha riportato alla memoria un incontro che ebbi poco tempo dopo la messa in onda dell'intervista a Osho, con un amico sannyasin di Firenze di nome Geetam che ebbe una sua notorietà di riflesso nei primi anni Ottanta per essere stato il compagno di Anando alias Nicoletta Macchiavelli. Geetam appartiene ad una famiglia fiorentina assai vicina a casa Andreotti. Quello che Geetam mi confidò all'epoca è che lo "zio Giulio", dopo aver visto il servizio televisivo andò su tutte le furie nei confronti di Biagi e della RAI per aver mandato in onda l'intervista a Osho. Quello che aveva provocato Andreotti in modo particolare, nonostante il suo proverbiale senso dell'humor e della sua profonda ironia, furono dei versi dell'intervista in cui Osho rispose in maniera fortemente provocatoria tipo, "non sono mica un criminale che trasforma l'acqua in una bevanda tossica..." e giudizi durissimi sulla politica del Vaticano rispetto AIDS e celibato.

Sempre nel racconto di Geetam, le ripercussioni negative nei confronti di Biagi a seguito del servizio che presentava Osho senza commenti e senza manipolazioni di sorta, furono enormi. Nonostante infatti anche un bell'articolo che Panorama pubblicò nei giorni seguenti in cui Enzo Biagi si dichiarava colpito dalla figura di Osho, non fu più possibile avere un contatto con lui, neppure due anni dopo durante la grande mobilitazione degli intellettuali, giornalisti, uomini di cultura, quando fu negato ad Osho il visto d'ingresso nel nostro Paese. Anche Carlo Silvestro (Sarjano), il giornalista italiano che organizzò e assistette all'incontro, tra Osho e Biagi, ricorda oggi come il maestro del giornalismo italiano rimase scosso e affascinato dallo stato presenza del mistico indiano come ci racconta in una sua testimonianza riportata nelle pagine seguenti.

Che cosa accadde esattamente a seguito di questi servizi giornalistici semplici e onesti, com’era costume di Biagi, non possiamo saperlo. Quello che è certo è che dall'entourage di Andreotti ci fu una forte reazione che si tradusse poi con un atto ufficiale quando Giulio Andreotti, che allora ricopriva la carica di Ministro degli Esteri, alcuni mesi dopo ebbe un ruolo assai attivo nel negare il visto d'ingresso ad Osho in Italia. A questo proposito ricordiamo che il Ministro agli esponenti della RAI e di Canale 5 interessati ad invitare Osho in Italia anche solo per un giorno, fece rispondere dalla Farnesina: "Né un’ora, né un minuto". Io stesso, che all'epoca ero nella segreteria del Partito Radicale proprio per occuparmi della campagna per il visto d'ingresso in Italia di Osho, ricevetti tramite la Presidente Nilde Jotti, una comunicazione di Andreotti assai dura in cui si parlava di inchieste del governo su Osho. Se poi colleghiamo la provocazione altrettanto dura nei confronti di religione e Vaticano contenute nell'intervista e la relazione stretta tra Giulio Andreotti e la gerarchia ecclesiastica, sarebbe logico pensare ad un intervento anche della Chiesa su Biagi, anche perché va ricordato che in quegli stessi mesi uscì un rapporto ispirato dalla Conferenza Episcopale contro i nuovi movimenti religiosi, il tutto patrocinato da un certo cardinale Ratzinger...
Majid

Osho-Biagi: un piccolo fiore sulla sua tomba

Ero appena tornato da Kulu-Manali, dove Osho aveva preso rifugio, dopo l'ignobile cacciata dall'America. C'ero andato come inviato di Epoca, il cui direttore, un vero galantuomo, voleva sapere che ne diceva Osho, di tutta la storia americana. Al mio ritorno dunque, fui avvicinato da alcuni collaboratori di Enzo Biagi, che mi chiesero se sarei tornato lì, scortando Biagi che gli voleva fare una intervista televisiva. Io naturalmente dissi di sì, così la produzione si mise in moto per preparare il viaggio, visto che Biagi voleva partire quanto prima.

Quello che nessuno vi ha mai detto è che il visto per l'India fu rifiutato alla troupe intera, Biagi incluso! E se vi chiedete il perché di un fatto così inaudito, vi dirò che nella richiesta la produzione aveva fatto mettere il motivo della visita, cioè fare una intervista a Bhagwan Shree Rajneesh (come veniva chiamato chiamato Osho allora). A me, Biagi lo confessò a bassa voce, al che io alzai la mia voce, suggerendo di fare un casino della madonna e uno scandalo internazionale. "Non è il caso" disse Biagi, "Stiamo seguendo delle vie diplomatiche e non è il momento di fare tanto baccano". Io ero furibondo, e simultaneamente lo era anche Osho, che aveva visto rifiutare il visto a tutti i suoi collaboratori, che erano stati costretti a lasciare il Paese. Così fu presa la decisione di trasferirsi in quattro e quattrotto in Nepal. Quando comunicai i nuovi sviluppi a Biagi, fu fatta una richiesta immediata di visto all'Ambasciata Nepalese, che rispose positivamente in tre giorni.

Ed eccoci in volo per Katmandu. Biagi è un compagno delizioso: intanto è una persona di una innocenza rara e disarmante, poi parla come un vecchio contadino, ancora meravigliato da tutte le cose. Si vede che è eccitato dall'idea di parlare con Osho. Si vede che non ha nessun preconcetto in testa, né teorie da provare. Si vede che si sta avvicinando all'incontro in totale innocenza, "in wonder" si direbbe da queste parti. L'incontro infatti fu straordinario. Sembravano due amici che non si vedevano da tanto tempo. Osho era stato informato del by-pass di Biagi e si fece premura di chiedergli subito come stava il suo cuore. "Il cuore è sempre giovane" rispose Biagi ridendo. Poi seguì l'intervista, che è ormai storia, e alla fine ci ritirammo tutti nelle nostre stanze, per vedere il lavoro fatto e decidere se necessitava girare dell'altro materiale. Secondo Biagi sarebbe stato proprio il caso, perché tutta l'intervista fatta si svolgeva tra due persone sedute, e ci mancava una passeggiata, un po' di movimento "per farla sembrare più viva e meno sedentaria"!

Mi piacque l'idea che Biagi volesse camminare assieme ad Osho, anche se non sapevamo che Osho lo avrebbe preso addirittura per mano! Ecco, è stato a quel punto che secondo me a Biagi è successo qualcosa. Da persona sensibile quant'era, Biagi si era accorto di aver parlato con qualcuno di diverso da tutte le persone che aveva incontrato prima... ma non riusciva a spiegare la cosa. Mi disse che aveva "sentito la diversità di quest'uomo, ma non riusciva a collocarla da nessuna parte del suo mondo razionale". Quando Osho lo prese per mano, Biagi ebbe come un sussulto, e qualcosa dentro di lui rispose all'invito... "Ma deve essere stato un sogno, una visione ad occhi aperti... un momento di defaillance...", Biagi stava rifiutando tutta l'esperienza che gli era cascata addosso con tutto il razionalismo possibile e una dose massiccia di rimozione.

Quando sono tornato in Italia la trasmissione stava andando in onda. Il giorno dopo telefonai a Biagi per complimentarmi, ma egli si sminuì, dalla serie: "Ho fatto solo il mio dovere". Gli chiesi se potevamo fare qualcosa affinché ad Osho venisse dato il visto per l'Italia, ma Biagi rispose che doveva partire per un'altra missione e non aveva tempo. Gli dissi: "Ma almeno tu che lo hai conosciuto, potrai dire che NON è un individuo pericoloso". " L'ho visto solo per un giorno, non si può dire che l'ho conosciuto" replicò Biagi. E così questa sensazione di una assurda rimozione si fece strada ancora, e provai perfino un po' di pena per quest'uomo che aveva incontrato un Buddha vivente, ma doveva a tutti i costi credere che fosse stato un sogno, doveva a tutti i costi negare la sua esperienza. Troppe cose da rimettere in discussione, troppe certezze... meglio dimenticare.
Sarjano
Fonte: 
http://www.telestreetbari.it/content/view/590/46/