martedì 28 dicembre 2010

lunedì 27 dicembre 2010

OSHO.... CONSAPEVOLEZZA TOTALE


"Tutto il mio lavoro è di rendere la tua moralità spontanea. 
Dovresti essere sveglio e consapevole, e rispondere a ogni situazione con consapevolezza totale. 
A quel punto, qualsiasi cosa tu faccia, è giusta. 
Non è una questione di azioni giuste o sbagliate, è una questione di consapevolezza - se lo stai facendo con consapevolezza oppure inconsapevolmente, come un robot."

PER APPROFONDIRE CONSIGLIO...

Consapevolezza Da non perdere

sabato 25 dicembre 2010

DALAI LAMA... frasi...



Nessuno è nato sotto una cattiva stella; ci sono semmai uomini che guardano male il cielo.


Libri Dalai Lama

Il Natale... Osho



"I Cristiani hanno dimenticato completamente
cos’è o dovrebbe essere il Natale. 
E’ diventato un rito.
Deve essere una specie di splendore
interno, deve essere un amore per la vita.
Deve essere una ricerca dello straordinario
nell’ordinario, del sopramondano nel mondano.
Deve essere la ricerca di Dio nella natura,
dell’invisibile nel visibile.”
[Osho ; “I Say unto You”, vol. 2, cap. 9 ;8 nov 1977]

LA VERITA'... Osho

LIBRI OSHO:
"Ricorda: tutto ciò che ti dico, non è ciò che voglio dirti. 
Tutto ciò che ti dico non ha niente a che fare con la verità, perché la verità non può essere detta. 
Tutto ciò che ti dico è solo un martellare. 
Se ti svegli, vedrai la verità." 
Osho

lunedì 20 dicembre 2010

CONSAPEVOLEZZA OSHO

Il silenzio è lo spazio in cui ci si sveglia, e la mente rumorosa è lo spazio in cui si resta addormentati.
Se la tua mente continua a chiacchierare, sei addormentato...


Fonte: Osho Consapevolezza La chiave per vivere in armonia      Ediz.Riza

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Il Potere di Adesso , Eckhart Tolle Ti consiglio di leggerlo...

sabato 18 dicembre 2010

L'UOMO DELLO ZEN... Osho

CONSIGLIATO:

L'UOMO DELLO ZEN è molto ordinario, straordinariamente ordinario. È ordinario al punto che, incontrandolo, è assai probabile che tu non sia in grado di riconoscerlo. Vive esattamente come te, mangia come te, dorme come te. In ogni modo possibile, è proprio come te. Per quanto riguarda l'aspetto esteriore, non è per nulla diverso da te.

Una differenza certamente esiste, ma è una differenza interiore. Ha una visione interiore, ha chiarezza. Ci vede, mentre tu sei cieco. È sveglio, e tu dormi. Tu sei ubriaco: ubriaco di avidità, ubriaco di cupidigia, ubriaco di rabbia, ambizione, ego.
L'uomo dello Zen semplicemente non È ubriaco, è sobrio. Cammina consapevolmente, siede consapevolmente: 'Cammina nello Zen, siede nello Zen'. Non è speciale, in alcun modo. Non assomiglia agli altri cosiddetti santi. Non si stende su un letto di spine, o un letto di chiodi, non si mette a testa in giù. Non è stupido, né esibizionista. Non va in giro nudo per la strada. Non è matto, non è nevrotico! Vive in maniera molto ordinaria, molto normale.
È per questo che riconoscere l'uomo dello Zen è la cosa più difficile. Riconoscere un santo che cammina sull'acqua è facile: palesemente, il suo essere speciale è ovvio. Ma l'uomo dello Zen non cammina sull'acqua. Non fa miracoli. Non si dedica ai vani giochi dell'ego. Non è un ego, non è neppure una persona. È solo una presenza, una non-entità. È un nulla assoluto. Solo quando è un nulla assoluto, un individuo è ricco di consapevolezza. Qualunque cosa faccia, la fa con totalità. Solo un uomo che non è ubriaco agisce con totalità. In caso contrario, si rimane parziali, solo una parte si mette all'opera e contemporaneamente altre parti possono esserle antagoniste, essere distruttive. Puoi creare qualcosa con una mano e distruggerla con l'altra. Un ubriaco non sa dove sta andando. Pensa di essere sulla via giusta, ma è soltanto un sogno.
L'uomo dello Zen è consapevole in modo assoluto - senza avidità, rabbia, gelosia, ambizione. Queste sono tutte droghe: ti mantengono in uno stato di sonno. È un miracolo che tu riesca a barcamenarti con così tanti veleni che ti scorrono nel sangue, e nel tuo stesso essere. Questa è l'unica differenza, altrimenti, da fuori, non riuscirai a capirlo. Ci sono dei cosiddetti santi che creano differenze esteriori perché interiormente non ci sono differenze. Se ne stanno in piedi nudi, torturano i loro corpi, si mettono a digiunare. Devono contorcere i loro corpi, maltrattarli. Devono fare qualcosa che li rende speciali rispetto a te, “più santi di te”
Un uomo dello Zen non è “più santo di te”. Non pensa assolutamente di essere più evoluto di te. Vive la sua natura, in semplicità.
Yoka dice: "L'uomo dello Zen procede in solitudine.”

Questa è la sua prima caratteristica. Non appartiene a una psicologia di massa. Non è indù, non è musulmano, non è cristiano, non è ebreo. Non è indiano, non è giapponese, non è cinese - non può esserlo. Non appartiene ad alcun gruppo. è solo. è un ribelle. Vive seguendo la propria luce. Non segue né imita qualcuno. Ha raggiunto
la sua meta. Qual è la meta? La meta non è da qualche parte fuori di te. Non è laggiù, remota come una stella: è dentro di te, è la tua interiorità. Egli è entrato nella sua interiorità. E l’uomo che ha raggiunto la sua meta….. può giocare lungo la via che conduce al Nirvana.
È giocoso, non è serio. Non può essere serio, la vita nel suo complesso è un gioco divino, (lila) , ed egli ne è una parte. Sta semplicemente recitando il suo ruolo. Recita il suo ruolo nel migliore dei modi, nella maniera più perfetta possibile, ma sa che il mondo è un grande palcoscenico, una grandiosa rappresentazione teatrale - ma nulla più. Quindi non lo prende sul serio. L'uomo dello Zen è gentile per natura e armonioso.
Non finge di essere speciale, è gentile per natura. È molto umano, completamente umano. La sua umanità è magnifica, intensa, assoluta. Non avanza pretese di sacralità - e poiché non ha pretese, è sacro. È armonioso. Non è diviso interiormente, non è costantemente impegnato in una guerra civile. È una melodia, una musica. Se siedi al suo fianco sarai in grado di sentire quella musica.
Proprio l'altro giorno mi è stato chiesto: "Osho, ogni volta che mi avvicino a te sento un profumo particolare. Che profumo è?". Io non uso profumi - non posso. Chi l'ha chiesto è un medico, lo sa che sono allergico... la domanda per lui ha dunque maggiore pertinenza. E dice di sentire sempre lo stesso profumo quando si trova vicino a me. Quella fragranza non ha nulla a che vedere con un profumo. È la fragranza dell'armonia, è la musica. Si esprime in molti modi. A volte la puoi udire come un suono silenzioso, un mormorio, il vento che soffia tra i pini, o il suono dell'acqua che scorre. La sentirai anche come una musica, e qualche altra volta ti arriverà come un odore, una fragranza profumata. Oppure la vedrai nella forma di aura, una luce, molto misteriosa.
Ma l'uomo dello Zen vive semplicemente in armonia, ed è dall'armonia che prendono forma tutte queste cose. Il suo spirito è semplice, pulito, puro e sincero.
Il suo Zen, che nessuno vede, è un tesoro di incommensurabile valore.
Puoi vedere il suo corpo, non puoi vedere il suo Zen. Non puoi vedere la qualità meditativa del suo essere, non puoi vedere la sua consapevolezza, a meno che anche tu non diventi consapevole. Puoi conoscere solo quello di cui hai avuto esperienza.
È una benedizione per te l'essere in grado di sentire un certo profumo. Significa che hai raggiunto una certa profondità, una certa elevatezza nel tuo essere.
Il suo Zen, che nessuno vede, è un tesoro dal valore incommensurabile. Il suo gioiello, unico e di incalcolabile valore, non cambia mai, in qualunque modo lo si usi. E gli altri ne possono godere i benefici liberamente, in tutte le occasioni.
L'uomo dello Zen trabocca sempre di gioia. Tu ne puoi favorire. È uno che dà: dona letizia, dona gioia, dona bellezza, dona verità. Irradia verità, irradia il divino, ma in profondo silenzio... senza alcuna dichiarazione. Riversa incessantemente le sue benedizioni nell'esistenza. È una benedizione per il mondo.
Tratto da:
Osho, Walking in Zen, Sitting in Zen #4
www.oshoba.it/shop/articolooti.html - 18k - 
Tratto da: http://www.fiumesilente.com/

mercoledì 15 dicembre 2010

ESSERE... Osho


"Non ho alcun insegnamento, dottrina o disciplina da darti. 

Tutto il mio lavoro è quello di svegliarti. 

Non è un insegnamento - è solo acqua fredda che ti viene buttata negli occhi. 

Quando ti sveglierai, non scoprirai di essere uguale a me, una mia copia carbone. 

Sarai te stesso - né cristiano, né indù, né musulmano... un fiore unico." 

Osho  
Tratto da: http://eliotroporosa.blogspot.com/Share |

Il Potere di Adesso , Eckhart Tolle Ti consiglio di leggerlo...

FILOSOFIA ZEN


Non uscendo dalla porta si conosce il mondo. Non guardando dalla finestra si scorge la via del cielo. (Lao Tzu)

Nel corso della storia si è constatato che la mente dell'uomo è capace di due tipi di conoscenza; la prima modalità è quella razionale, tenuta in grande considerazione dall'occidente; la seconda è quell'intuitiva che, in genere, è esattamente l'opposto, ed è confacente all'atteggiamento
orientale. La conoscenza razionale appartiene al campo della scienza e
dell'intelletto, la cui funzione è quella di analizzare, discriminare, dividere, confrontare, misurare e ordinare in categorie.

La conoscenza razionale è un sistema di concetti astratti e di simboli; in
questo modo si considera l'ambiente naturale come se fosse costituito da parti separate, e si costruisce una mappa intellettuale della realtà, nella quale le cose sono ridotte ai loro contorni.

Il pensiero orientale, e più generalmente il pensiero mistico, forniscono
alle teorie della scienza contemporanea un importante e coerente riferimento filosofico: una concezione del mondo, nella quale i due temi fondamentali sono l'unità e l'interdipendenza di tutti i fenomeni, e considera l'uomo come parte integrante di questo sistema. Ciò che interessa ai mistici orientali è la ricerca di una esperienza diretta della realtà, che trascenda non solo il pensiero intellettuale, ma anche la percezione sensoriale. La conoscenza che deriva da un'esperienza di questo tipo viene chiamata dai buddisti "conoscenza assoluta", perché non si basa su discriminazioni, astrazioni, e classificazioni dell'intelletto, le quali sono sempre relative e approssimate. Essa è come dicono i Buddisti, l'esperienza diretta dell'essenza assoluta, indifferenziata, indivisa, indeterminata.

La conoscenza assoluta è, quindi, un'esperienza della realtà totalmente non intellettuale, un'esperienza che nasce da uno stato di coscienza non ordinario, che può essere chiamato uno stato meditativo, o mistico. E' la realtà della vita del Sé, che vive solo così com'è, la nuda esperienza della vita (quel soltanto essere vivo ora). Il Sé non è superficiale: è la pienezza della gioia.

Essere consapevoli del Sé significa essere gioiosi.

"Cosa fa un Buddha sotto l'albero del Bodhi? Non fa nulla. Si limita ad
essere". Egli è colmo di un'insondabile gioia, perché ora non rimane nulla da raggiungere. Nel proprio essere si scopre che qualsiasi cosa degna di essere raggiunta esiste già. Il semplice accadere della vita, l'espirare e l'inspirare, il semplice pulsare della vita, è beatitudine. Non ha nulla a cui pensare, non pensa alla famiglia, né pensa al futuro, è semplicemente immerso nella beatitudine -  il giusto modo di essere - non vi è passato, né futuro.

Non sta andando da nessuna parte, il cuore batte, il respiro entra ed esce, il sangue circola semplicemente esiste, tutto è vivo e pulsante. Un'energia priva di scopo, che fluisce senza meta, che fluisce ovunque; ma che non va da nessuna parte. Fluisce verso il nulla. L'estasi non è una meta. E', qui e ora, proprio nel movimento; è felice di per sé, proprio nella pulsazione
dell'essere vivo.

Lo zen-  che ebbe origine in seno al Buddhismo, ma fu fortemente influenzato dal Taoismo - si vanta di essere senza parole, senza spiegazioni, senza istruzioni, senza conoscenza. Esso si concentra quasi interamente sull'esperienza di illuminazione (satori), ed essa non consiste nel fare qualcosa, o nell'ottenere qualcosa; ma, semplicemente, nel riconoscere quello che è sempre esistito di fatto, e si interessa solo marginalmente di interpretare questa esperienza.

A causa dell'educazione e del condizionamento ambientale, il funzionamento delle nostre menti è legato a un sistema particolare di logica, formato da concetti, e ogni cosa viene considerata attraverso un sistema di opposti: buono cattivo, bianco o nero, giusto o errato. A causa di questo modo di giudicare non possiamo raggiungere le unità attraverso la molteplicità. Lo scopo dello Zen è quello di andare al di là dei legami della dualità, rinunciare a tutti i concetti creati dall'intelletto e vedere le cose come realmente sono, per mezzo della introspezione intuitiva. Poiché il flusso della mente non può essere fermato mediante uno sforzo egocentrico di volontà, quello che si richiede, momento per momento, è la osservazione continua delle dualità, della tendenza continua del nostro io, delle tendenze che costituiscono i nostri pensieri, i nostri sentimenti, il nostro corpo.

In tutto il misticismo orientale, l'intelletto è visto soltanto come un
mezzo per aprire la strada all'esperienza mistica diretta, che i Buddhisti
chiamano "risveglio". Lo zen insegna che il risveglio (satori) attraverso la meditazione è al termine della attesa-attenzione, che deve essere una vigilanza senza oggetto. Non c'è nulla da attendere, infatti; ciò che
succede, succede. Non esistono leggi regole e scopi, né in natura né nei pensieri. Riacquistare la spontaneità della nostra natura originaria, la natura di Budda di tutte le cose, richiede un lungo percorso e costituisce una grande conquista spirituale. Attraverso la meditazione si può fare l'esperienza di sentire la nostra natura originaria.

Il programma basico dello Zen è quello di calmare la mente e il corpo, in un primo tempo, mediante la pratica della meditazione, con lo scopo di arrivare ad una visione interiore. Zazen (meditazione seduta), seduti con le gambe incrociate, la schiena dritta, la respirazione calma, il corpo e lo spirito unificati, senza spirito avido. Girando il proprio sguardo verso l'interno, ciascuno depone naturalmente i limiti dell'egoismo e fa direttamente l'esperienza del risveglio alla sua vera natura. La base della filosofia Zen è il silenzio, è il Ku (il silenzio totale), che è la condizione originaria della natura umana. Praticare aldilà di ogni oggetto è lo zazen più elevato;
soltanto sedersi senza scopo. Durante zazen non si pensa; anche se il
subconscio si manifesta, si lascia passare, non si ferma il pensiero, non si trattiene. In questo modo la coscienza diventa illimitata, infinita.

E' la coscienza cosmica (la cosmicità è la natura intrinseca della mente). Il metodo Zen, questo tipo di approccio alla realtà, è un metodo prescentifico, o metascentifico, o perfino antiscentifico. In questo modo, lo Zen si immerge nella fonte della creatività e beve ad essa tutta la vita che contiene. Tale fonte è l'inconscio dello Zen. L'inconscio è fuori dall'ambito della ricerca scientifica, l'inconscio si può solo sentire, e non nel senso comune del termine; pertanto, bisogna imparare a padroneggiare le vie dell'inconscio e la saggezza sconosciuta del Sé. Ciò che esiste nel centro interiore è aldilà di ogni spiegazione. Viceversa la scienza inizia là dove comincia la spiegazione, all'esterno; è una ricerca sulla circonferenza, nell'ambiente dell'uomo. Di solito la consapevolezza scientifica è oggettiva: conosci gli altri, conosci il mondo, conosci le stelle.

Nel momento, però, in cui la consapevolezza si rivolge all'interno e inizia a conoscere se stessa; in altre parole, nel momento in cui la consapevolezza diventa oggetto della propria conoscenza l'illuminazione fiorisce. D'ora in poi la consapevolezza sarà il padrone e l'inconsapevolezza il servitore. La porta della verità non è, né il centro, né la circonferenza  - che sono in realtà due facce di una sola e unica verità, ma uno stato in cui colui che vede e la cosa vista, l'osservatore e la cosa osservata, si uniscono. Solo l'uomo libero da opinioni e da idee preconcette può vedere l'unità e l'integrità della vita.

Scoprire il proprio inconscio non è un atto intellettuale, ma un'esperienza affettiva che non può essere spiegata a parole.

L'intelletto, in ultima analisi, è superficiale; è qualcosa che fluttua alla
superficie della coscienza, e la superficie si deve spaccare perché possa
raggiungere l'inconscio cosmico; lo spirito logico deve dissolversi
progressivamente per consentire al pensiero translogico ed unificatore dello Zen di emergere. Una volta che tale livello sia raggiunto, la comune coscienza viene pervasa dal flusso dell'inconscio; è questo, appunto, il momento in cui lo spirito finito comprende di avere le proprie radici nell'infinito. La presa immediata e piena sul mondo è proprio la finalità dello Zen, è l'autentico risveglio (farsi consapevoli) che si trova alla radice insieme del pensiero creativo intellettuale, e dell'immediata apprensione intuitiva, equivale al superamento della contaminazione affettiva e della manipolazione cerebrale; equivale alla scomparsa della polarità conscio e inconscio. Significa non avere nulla ed essere.

Il seguace Zen consegue, qui, il suo oggetto, perché è giunto a
destinazione; egli è adesso pervenuto nel cuore delle dualità e include in sé tutto ciò che vi è di intellettuale, di affettivo, o creativo in modo
indiscriminato, indifferenziato o meglio assoluto. Le sue attività non sono cambiate, ciò che è cambiato è la sua soggettività. La mia esperienza personale della consapevolezza nella vita di tutti i giorni, è quella di perderla facilmente, continuamente, in ogni momento. Mi capita a volte di perdermi nelle reazioni, o mi isolo da ciò che accade. Ogni giorno, infinite volte perdo la consapevolezza; spesso cado vittima della "tigre della mente". Purtroppo le pressioni, le tensioni e la frenesia della vita non sono certo condizioni ideali per la consapevolezza. Tuttavia non appena riconosco di averla smarrita posso ricominciare d'accapo.

Si affaccia, così, un Sé semplice, basato sul respiro, capace di arrendersi al momento presente. Ecco, quanto voglio sottolineare come esperienza personale; nel momento in cui riconosco di aver smarrito la consapevolezza, l'ho già riconquistata, perché quel riconoscimento stesso è una funzione della consapevolezza. La consapevolezza infatti non è qualcosa di astratto o lontano: per ognuno di noi prende vita nel momento in cui iniziamo, e ogni volta che ricominciamo. Essere consapevoli, svegli, ricordarsi di Sé, osservare, non farsi travolgere dal chiacchiericcio della mente, questo è il potere della consapevolezza, essere attenti e presenti con equilibrio, serenità e comprensione, sia che l'esperienza sia piacevole, spiacevole,  o neutra. Restare un semplice testimone indifferente.

Quando siamo presenti, osserviamo con la visione meditativa, con
un'attenzione profonda e penetrante, caratterizzata dall'assenza di
superficialità, e sappiamo incontrare direttamente ciò che accade nel nostro mondo (la nuda realtà), con apertura, sensibilità, lucidità. Quando accendiamo la luce dell'attenzione saggia, possiamo vedere con chiarezza, comprendiamo che non dobbiamo fare neppure un passo in nessuna direzione, per ritrovare il nostro posto dove possiamo essere a nostro agio; è proprio qui, dove ci troviamo ora. Di solito, manchiamo d'intuizione e di una chiara visione, perché siamo prigionieri dei nostri condizionamenti. La realtà è già presente in noi; ma, per la nostra cecità, essa ci sfugge completamente.
In un certo senso sperimentiamo qualcosa di continuo, ma siamo scarsamente in contatto con le nostre esperienze, solo a metà svegli di fronte alla realtà.

In questo senso possiamo dire che non sperimentiamo veramente. Per la Gestalt la vera esperienza è terapeutica, o correttiva di per sé; è quel punto al di là delle tecniche, come realtà-consapevolezza-responsabilità. Un momento di veglia, un momento di contatto con la realtà è quello in cui i fantasmi dei nostri sogni a occhi aperti possono venire riconosciuti per quello che sono, è un momento di addestramento all'esperienza, attraverso il quale possiamo imparare, ad esempio, che non c'è nulla da temere, o che la soddisfazione di essere vivi supera la sofferenza o la perdita che avremmo
voluto evitare col nostro dormiveglia. Colui che ha sviluppato la
stimolazione dall'interno, può ricongiungersi, così, ai suoi sensi ed
entrare in contatto con la propria esperienza, ridestandosi e tornando alla realtà nuda della vita che è "il Sé in Sé per Sé", il Sé che fa se stesso in Sé stesso, qualunque cosa capiti.

Questa è la vera dimensione spirituale, quel punto in cui non si è più
diretti dall'io, ma da una coscienza non dualista; non c'è più nessuno che pensa: "tu giungi senza alcun concetto di giungere e vedi senza alcun concetto di vedere". Finche' non avremo superato il dualismo, non conosceremo la libertà definitiva (l'ultima realtà). Realizzare questa profonda comprensione di sé stessi è la fonte della vera saggezza; l'autentica saggezza risiede nell'osservazione e nella conoscenza di se stessi. Il punto di vista della terapia gestaltica, su questo come su altri temi, è che la consapevolezza è abbastanza, tenendo bene a mente la distinzione tra essere aperti all'esperienza e fabbricare esperienze. 
Infatti le azioni che derivano dall'esperienza e la esprimono non sono tese a produrre un effetto.

Le azioni che affermano la vita, piuttosto che negarla; che rivelano,
piuttosto che nascondere, che esprimono piuttosto che reprimere, sono in un certo senso non azioni. L'azione, infatti, contrariamente alla manipolazione (di se stessi, o degli altri), viene sperimentata come fluente dall'interno, invece che compiuta per andare incontro a modelli estrinseci. 
Per finire, voglio dire che la consapevolezza è il nostro vero Sé: è ciò che siamo.
Perciò, in un certo senso, non c'è bisogno di sviluppare la consapevolezza:
basta rendersi conto di come la blocchiamo con pensieri, fantasie, opinioni e giudizi.

Stare semplicemente nell'istante; fare una cosa alla volta e consegnarci
totalmente a essa è il modo più efficiente di vivere; è essere semplicemente qui, vivere la nostra vita. "Niente di speciale". La vita è così com'è, il lavoro è così com'è, il mondo è così com'è, e forse, se sappiamo accettarlo così com'è, ci sveglieremo al suo significato.

In ogni situazione, che gli altri ci osservino o no, dovremmo essere
consapevoli di ciò che avviene in noi e stare in guardia contro la
trascuratezza e la disattenzione. Così, non nuoceremo agli altri. La meta è sviluppare gradualmente la consapevolezza, e attivare quella compassione e gentilezza amorevole che già sono in noi. E questo è alla portata di tutti.

Se ti è piaciuto questo post ti consigliamo di leggere: The Zone:Oltre il veloUn libro giallo che, pur rimanendo tale, tratta indirettamente dell'esperienza nel qui e ora, in maniera - secondo noi - più appassionante di tanti altri testi specifici sul tema.

lunedì 13 dicembre 2010

SAFARI DENTRO LA MIA TESTA...


Ancora una volta mi hanno colpito le parole illuminanti di questa canzone di Jovanotti:


Sempre più dentro, sempre più al centro, sempre più in mezzo, finchè non distingui più il confine tra la tua pelle e il cielo, tra quello che è a pezzi e quello che è intero....


La notte ha mille occhi credi di guardare e sei guardato...


Safari dentro la mia testa.... ci son più bestie che nella foresta...

Prendi tutto quello che ti piace, ho diamanti sotto i miei piedi, ho un oceano dentro alla vene..ognuno danza con il proprio demone e ogni storia finisce bene...

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Il Potere di Adesso , Eckhart Tolle Ti consiglio di leggerlo...

domenica 12 dicembre 2010

Esistenza...Osho

OSHO LIBRI:


Tratto da:http://eliotroporosa.blogspot.com/

Dal più sottile filo d’erba alla stella più gigantesca, ogni cosa è necessaria, e necessaria allo stesso modo. 

Nell’esistenza non c’è gerarchia. 
Il filo d’erba e la stella non sono diversi: sono eguali. 
L’esistenza li sostiene entrambi allo stesso modo, senza fare discriminazioni. 

Che siano santi o peccatori, è la stessa cosa. Il sole splende per tutti, i fiori sbocciano per tutti, gli uccelli cantano per tutti. È la nostra casa!

Ma se non sei estatico, non puoi sentirlo. 
Per questo il mio approccio qui è quello di aiutarti a essere gioioso, estatico, a cantare e a danzare, creando espedienti di ogni genere perché tu possa rilassarti e venir fuori dalle tue abitudini alla tristezza e alla serietà. 

In questo modo sarai di nuovo un bambino che corre sulla spiaggia raccogliendo conchiglie e sassi colorati, che rincorre le farfalle e coglie fiori di campo con grande gioia e senso di meraviglia.
Osho
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venerdì 10 dicembre 2010

OSHO: LA MEDITAZIONE E' OSSERVAZIONE


L’osservazione è meditazione: non importa cosa osservi. Puoi osservare gli alberi, puoi osservare il fiume, puoi osservare le nuvole, puoi osservare i bambini che giocano: l’oggetto non è importante, la qualità dell’osservazione, la qualità dell’essere consapevole e presente… questo è meditazione!
Qualsiasi cosa fai con consapevolezza è meditazione; L’azione non è rilevante, la qualità che immetti nella tua azione… Camminare può essere una meditazione, se cammini con attenzione; stare seduto può essere una meditazione, se siedi con attenzione; ascoltare, parlare può essere una meditazione, se ascolti con consapevolezza; anche il semplice ascoltare il frastuono interiore della tua mente, può essere una meditazione, se resti attento e presente.
La cosa essenziale è questa: non ci si dovrebbe muovere come sonnambuli, allora qualsiasi cosa fai è meditazione.
tratto da www.oshoba.it

giovedì 9 dicembre 2010

Osho: IO CHI SONO?

La domanda “Chi sono io?” non ha risposta. La mente dirà: “Sei l’essenza della vita. Sei l’anima eterna. Sei il divino”, e così via. 

Tutte queste risposte vanno respinte: NETI NETI – questo è ciò che devi dire: “Né questo né quello”.

Quando hai rifiutato tutte le possibili risposte che la mente può fornirti e che riesce a escogitare, quando la domanda rimane senza alcuna risposta, avviene un miracolo: all’improvviso scompare anche la domanda. 

Quando tutte le risposte sono state rifiutate, la domanda non ha più sostegni su cui reggersi; crolla, si abbatte, scompare.

Quando anche la domanda scompare, allora sai. Ma quel sapere non è una risposta, è un’esperienza esistenziale.

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Il Potere di Adesso , Eckhart Tolle Ti consiglio di leggerlo...

martedì 7 dicembre 2010

LA MENTE IN PACE

Quando la mente è in pace, anche il mondo è in pace. 
Non c’è niente di reale, e nulla che manchi. 
Non tenendosi aggrappati alla realtà, 
E né restando attaccati alla vacuità, 
Voi non sarete nè santi e nè saggi, ma solo 
Un individuo ordinario che però ha compiuto il suo lavoro. 
P'ang Yün ( Hõ Un) (The Enlightened Heart 34) 
  
Tratto da: http://www.sacred-texts.com/bud/zen/poems.htm
 (Tradotti in Italiano da Aliberth Meng) 

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lunedì 6 dicembre 2010

I conflitti della dualità – Jiddu Krishnamurti

Fonte. http://eliotroporosa.blogspot.com/


















Qualsiasi conflitto, che sia fisico, psicologico o intellettuale, è uno spreco di energia.
E’ straordinariamente difficile rendersene conto e liberarsi da ogni conflitto, perché quasi tutti noi siamo stati educati a lottare, a fare sforzi.
Questa è la prima cosa che ci insegnano a scuola: fare sforzi. Così continuiamo a lottare e a sforzarci per tutta la vita. Per essere buoni è necessario lottare; bisogna combattere il male, bisogna essere capaci di resistere, di controllarsi.
Così, in qualsiasi campo, da quello dell’educazione a quello sociologico o religioso, agli esseri umani si insegna a lottare.

Vi dicono che per trovare Dio dovete lavorare, dovete sottoporvi a una disciplina, dovete praticare degli esercizi, dovete torturare la vostra anima, tormentare la vostra mente e il vostro corpo; dovete rifiutare, reprimere; non dovete guardare certe cose; dovete lottare, lottare sempre per ottenere qualcosa al cosiddetto livello spirituale, che in realtà non è affatto spirituale! Così nella società ognuno si preoccupa solo di se stesso e della propria famiglia .

… In qualunque direzione ci muoviamo, noi non facciamo altro che sprecare energia. E questo spreco di energia è fondamentalmente conflitto: un conflitto tra quello che “devo” o “dovrei” fare e quello che “non devo” o “non dovrei” fare. Quando si è creata una dualità, il conflitto diventa inevitabile.

Allora bisogna capire la dualità, come si produce e come funziona. E’ evidente che ci sono l’uomo e la donna, il rosso e il verde, la luce e il buio, l’alto e il basso; questi sono fatti. Ma è quando facciamo uno sforzo per separare l’idea dal fatto che sprechiamo energia.
 

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OSHO: L'INIZIO DELL'ILLUMINAZIONE

CONSIGLIATO:
La meditazione è un cammino verso l'eternità. Ed è un viaggio senza fine, eterno, nel senso che la porta si apre e continua ad aprirsi... fino a divenire l'universo. La meditazione sboccia e fiorisce, e continua a farlo fino ad abbracciare il cosmo intero nella sua fioritura. Il viaggio è eterno: inizia, ma non ha mai fine. Non ci sono gradi di illuminazione. Una volta conseguitala essa è presente. È come tuffarsi in un oceano di sensibilità. Saltate, divenite tutt’uno con esso, come una goccia che cade nell'oceano e vi si confonde, ma ciò non significa che abbiate conosciuto tutto l'oceano. Il momento è assoluto: è il momento in cui l’ego viene abbandonato, L'istante dell’eliminazione dell'Io, l’attimo della morte dell’ego. È assoluto e totale. Per quanto vi riguarda è perfetto. Ma per quanto riguarda l’oceano (per quel che concerne il divino) si tratta soltanto di un momento iniziale, l’inizio di un processo che non avrà mai fine. Vi è una cosa da ricordare: l'ignoranza non ha principio,ma ha un termine.
Non riuscirete mai a scoprire dove ha avuto inizio la vostra ignoranza. Ve la trovate accanto da sempre; da sempre essa vi circonda. Non ne scoprirete mai l'inizio: non c’è principio. L'ignoranza non possiede un punto iniziale, ma ha un termine. L’illuminazione comincia, ma non finisce mai. I due punti vengono a coincidere; sono in realtà lo stesso. L’inizio dell'lluminazione e la fine dell’ignoranza coincidono. È un unico punto, un punto pericoloso a due facce: l'una è rivolta a un'ignoranza che dura da sempre e l’altra all’inizio di un’illuminazione che non avrà mai fine.
Conseguite cosi l'illuminazione, eppure non la raggiungete mai. Pervenite ad essa, vi ci immergere, divenite tutt'uno con essa, eppure l’ignoto è sempre là, nella sua immensità. È questa la sua bellezza e il suo mistero.
Se con l’illuminazione tutto divenisse noto, non ci sarebbe più alcun mistero. Se cosi fosse, l’intera faccenda diverrebbe sgradevole. Dissolto completamente ogni arcano, tutto sarebbe morto. L’illuminazione non è « conoscere » in questo senso. Non è conoscere come suicidio. È conoscere come apertura a sempre maggiori misteri. « Conoscere » significa quindi avere nozione del mistero, esserne consapevoli. Non significa averlo risolto una volta per tutte: l’illuminazione non è il possesso di una formula matematica per cui tutto ora vi è noto. Il conoscere dell’illuminato significa piuttosto essere giunti al punto dove il mistero è divenuto definitivo.
Avete riconosciuto che questo è il fondamento di ogni mistero; l’avete conosciuto come mistero esso stesso. Ora l'arcano è divenuto tale che non avete più alcuna speranza di risolverlo. Ora lasciate ogni speranza. La vostra, però, non è sfiducia, non è disperazione. Avete soltanto compreso la natura del mistero.
L’arcano è tale da essere insolubile; il mistero è tanto fitto che è assurdo finanche sforzarsi di svelarlo. Cercare di far luce in esso con i mezzi dell’intelletto non ha senso. Siete arrivati al limite delle vostre possibilità razionali. L’intelletto ora cede le armi e si comincia a conoscere. È qualcosa di completamente diverso dal conoscere scientifico. La parola « scienza » significa - è vero - acquisizione di conoscenza, ma qui il senso è quello di penetrare a svelare gli arcani, mentre il conoscere religioso significa assolutamente l’opposto. Non si tratta, in esso, di indagare e rendere manifesta la realtà; tutt’altro. Anche quanto già si conosceva ridiventa in questa dimensione misterioso, comprese le cose di tutti i giorni sulle quali eravate certi, assolutamente certi, di sapere tutto. Ora perfino la porta è scomparsa. Tutto, in un certo senso, diviene inaccessibile... infinito e irresolubile.
Il conoscere va concepito in questo senso: è partecipare dell’esclusivo mistero dell'esistenza, dire si all’arcano della vita. L’intelletto non ha ora alcuno spazio per le sue teorizzazioni. Siete faccia a faccia con il mistero, e l'incontro è esistenziale... non per il tramite della mente, ma tramite voi stessi, tramite la totalità di voi stessi. Lo sentite con ogni parte del vostro essere: il vostro corpo, gli occhi, le mani, il cuore, l’intera vostra personalità giunge in contatto con il mistero assoluto. Questo è soltanto un inizio. La fine non verrà mai, poiché la fine sarebbe demistificante.
Questo è l’inizio dell’illuminazione. Non vi sarà mai fine, ma questo è l’inizio. Capite che l'ignoranza è finita, ma non ci sarà un termine a questo stato illuminato della mente. Siete saltati ormai in un abisso senza fondo.
Potete concepire il processo in tanti modi quanti sono i punti di vista. Se si perviene a questo stato mentale attraverso kundalini, sarà un’interminabile fioritura. I mille petali del sahasrara non sono realmente mille: « mille » sta a indicare semplicemente un numero superiore a ogni immaginazione. È un simbolo. Significa che i petali di kundalini che si stanno schiudendo sono infiniti. Continueranno a schiudersi, a schiudersi e a schiudersi. Assisterete al loro primo sbocciare, ma non ne vedrete mai la fine. Non c'è limite al processo. Si può giungere a questo punto attraverso kùndalini o per altre vie. Kundalini non è indispensabile.
Coloro che conseguono l'illuminazione per altre vie giungono allo stesso punto; differirà soltanto il nome, il simbolo sarà diverso. Le vostre rappresentazioni mentali varieranno poiché questo non è evento che si possa descrivere, e poiché quanto è possibile descrivere non corrisponde esattamente a quanto sta accadendo. La descrizione non è che un’allegoria, è per forza di cose metaforica. Potete dire: "È come un fiore che si schiude"... ma non c'è affatto alcun fiore. La vostra sensazione è però esattamente quella di essere un fiore che sta cominciando a sbocciare. La sensazione è né più né meno quella dell’aprirsi. Ma qualcun altro potrebbe esprimersi altrimenti. Potrebbe ad esempio dire: «È come lo spalancarsi di una porta... di una porta che dà sull'infinito e che non cessa mai di aprirsi». E chi più ne ha più ne metta.
I tantrici adottano una simbologia sessuale. Loro possono usarla! Dicono: « È un incontro, un'unione senza fine ». Quando il Tantra afferma che « è proprio come nel maithuna (rapporto sessuale)», quanto intende è « un incontro dell'individuo con l’infinito... ma interminabile, eterno ».
Il fenomeno si può rappresentare anche in questa forma, ma ogni rappresentazione è destinata a essere metaforica. Ogni rappresentazione è simbolica; non può che essere cosi. Ma quando dico « simbolico », non intendo certo che un simbolo non abbia significato.
Un simbolo ha significato fintantoché è soltanto la vostra individualità, che l’ha concepito e l’adotta, a essere in causa. Vi sarebbe impossibile rappresentarvi la cosa altrimenti. Una persona che non ha mai amato i fiori, che non ha mai imparato a conoscerli, che passando fra i fiori non li ha mai degnati di uno sguardo, che per l'intera sua vita non ha mai avuto nulla a che spartire col «regno floreale », non potrà certo sentire l’illuminazione come lo sbocciare di un fiore. Se però voi l’avvertite in questo modo, ciò ha una quantità di significati. Vuol dire che il simbolo vi è congeniale, che corrisponde in un modo o nell’altro alla vostra personalità.

Domanda: Come ci si sente dopo che il sahasrara comincia a schiudersi?

Osho: Quando il sahasrara comincia a schiudersi non si dovrebbe provare che una sensazione di silenzio e di vuoto interiore. La sensazione sarà acuta all'inizio - quando la proverete per la prima volta sarà molto intensa - ma più vi familiarizzerete con essa e più essa si attutirà. Più essa diverrà vostra e voi tutt’uno con essa, e minore sarà la sua intensità. Verrà il momento - è inevitabile - in cui non l’avvertirete più per nulla.
Il fenomeno della sensazione è sempre connesso alla novità del percepito. Avvertite soltanto quello che vi riesce insolito, non percepirete il consueto. Soltanto il nuovo è avvertito. Quando siete ormai tutt’uno con la nuova situazione, quando vi ci siete familiarizzati, non l'avvertirete più, ma ciò non significa certo che tutto sia finito. Tutto continuerà, perfino più di prima, andrà via via intensificandosi, ma voi l'avvertirete sempre meno, finché verrà il momento in cui ogni traccia di sensazione sarà scomparsa. Ogni senso di « alterità » si è dileguato e con esso la percezione.
Quando il sahasrara giunge per la prima volta alla fioritura, il fenomeno vi è alieno. Vi è ignoto e voi ne siete ignari. È qualcosa che penetra in voi, o siete voi a penetrare in esso. Fra voi ed esso esiste una distanza. È però un intervallo che andrà pian piano annullandosi, finché vi immedesimerete con il fenomeno: non lo vedrete più come qualcosa che vi sta succedendo, perché voi sarete ora divenuti l'evento. Continuerà a espandersi e diverrete tutt’uno con esso.
Allora non ci baderete più. Certo lo avvertirete, ma non gli presterete più attenzione di quanta non ne dedichiate alla vostra attività respiratoria. Percepite la vostra respirazione soltanto quando vi è accaduto qualcosa di nuovo (o di male), non altrimenti. Non percepite neppure il vostro corpo a meno che non vi si sia insinuato qualche malanno, a meno che non siate ammalati. Se siete in perfetta salute, non lo sentite affatto: lo avete e basta. In realtà il vostro corpo è più vivo quando siete sani, ma non lo notate. Non ne avete alcun bisogno: siete tutt’uno con esso.
Fonte:  
http://spiritualita-meditazione.blogspot.com/
Da "Meditazione dinamica" - Osho

venerdì 3 dicembre 2010

Serenità qui e ora... Zen

A Nantai io siedo quietamente con un incenso acceso, Un giorno di estasi, e tutte le cose sono dimenticate, Non che la mente si sia fermata e i pensieri siano svaniti, Ma non c'è realmente niente che disturbi la mia serenità. 

Nan-t'ai (南台 Nantai) Shou-an (守安 Shuan) (Essays in Zen Buddhism – First Series 349)

mercoledì 1 dicembre 2010

OSHO... LA VITA

CONSIGLIATO:

Ogni passo è meraviglioso
La vita non è un viaggio.
Non è una meta.
E’ un processo.
Arrivate passo per passo. E se ogni passo è meraviglioso, se ogni passo è magico, lo sarà anche la vita.
E non sarete mai di quelli che arrivano in punto di morte senza aver vissuto. Perché non vi sarete mai lasciati sfuggire nulla.
Non guardate al di sopra delle spalle degli altri. Guardateli negli occhi.
Non parlate ai vostri figli.
Prendete i loro visi tra le mani e parlate con loro.
Non fate l’amore con un corpo, fate l’amore con una persona. E fatelo ora. Perché questo momento non durerà in eterno.
Sparirà in fretta e non tornerà mai più. Tanti di noi passano la vita a piangere sui momenti passati.
Troppo tardi !
Ma c’è un milione di momenti che devono ancora venire.
Tratto da
Estasi - Il Linguaggio Dimenticato