giovedì 30 settembre 2010

UNA FRASE DI HEISENBERG...

Con l’espansione apparentemente illimitata della sua potenza naturale l’uomo si trova nella posizione del capitano la cui nave è stata così saldamente costruita di ferro e acciaio, che l’ago della bussola non indica il nord ma solo la massa di ferro della nave. Con una nave del genere non è possibile raggiungere alcuna destinazione”.
W. Heisenberg
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ESPERIMENTO DELLE DUE FESSURE

CONSIGLIATO:


ESPERIMENTO DELLA DOPPIA FENDITURA

SILENZIO ASSOLUTO

In un piccolo tempio sperduto su una montagna, quattro monaci erano in meditazione. Avevano deciso di fare una sesshin1 di assoluto silenzio.

La prima sera la candela si spense e la stanza piombò in una profonda oscurità.
Sussurrò un monaco: " Si è spenta la candela! ".
Il secondo rispose: " Non devi parlare, e una sesshin di silenzio totale ".
Il terzo aggiunse: " Perché parlate? Dobbiamo tacere, rimanere in perfetto silenzio!".
Il quarto, il responsabile della sesshin, concluse: " Siete tutti stolti e malvagi, solo io non ho parlato! ".


1 Sesshin: periodo in cui gli adepti dello Zen fanno vita comunitaria, nella concentrazione e nel silenzio, meditando, disputando, partecipando a conferenze, mangiando insieme.
(Tratto da: "La tazza e il bastone. Storie Zen Narrate dal Maestro Taïsen Deshimaru" traduzione di Isabella Farinelli, Orsa Maggiore Editrice)

Fonte: http://www.astralis.it/zen.htm

martedì 28 settembre 2010

L'ORDINE IMPLICATO di David Peat.

Fonte: http://www.scienzaeconoscenza.it/index.php
"Tutto quello che vediamo intorno - affermò Bohm - la provincia della fisica Newtoniana altro non è che la superficie del mondo, il suo ordine esplicato. Lì giace qualcosa di molto più profondo dal quale si dispiega il nostro ordine esplicato".


Il catalizzatore, di quella che fu la maggiore trasformazione della vita e del lavoro di Bohm, fu scoperto da Saral Bohm, durante una delle loro visite in libreria. Lì, lei venne a contatto con un libro che conteneva la frase “l'osservatore è l'osservato”. Questo suonava esattamente come quel tipo di cose di cui, sempre, Bohm parlava nel contesto della teoria quantistica.

Saral gli mostrò The first and last freedom, (La prima e ultima libertà - Astrolabio 1969 - ndt) scritto dal maestro indiano Jiddu Krishnamurti. Bohm lo lesse il più velocemente possibile, poi prese in prestito altri libri dello stesso autore.

Testimoniavano l'esistenza di un pensatore che aveva visto profondamente e autenticamente nell'essenza del problema umano. […] Avendo sognato a lungo sulla trascendenza, si apriva ora per Bohm un passaggio verso ciò che giace oltre i pensieri. […] Entrò appassionatamente e con tutto il cuore dentro questo irruente mondo esoterico. Nei libri di Krishnamurti trovava un'analisi chiara della natura della coscienza e del meccanismo grazie al quale il pensatore separa se stesso - se stessa, quale entità distaccata, indipendente. […] Le osservazioni di Krishnamurti che “il pensatore è il pensiero” e “l'osservatore è l'osservato” colpirono Bohm in quanto somiglianti con la sua stessa - e di Niels Bohr - meditazione sul ruolo dell'osservatore nella teoria quantistica. Bohm aveva sperimentato personalmente il modo in cui l'osservazione di un determinato pensiero cambia il movimento del pensiero stesso. […]

Il maestro indiano indicava una consapevolezza diretta del piano universale, lo stesso piano che Bohm stava cercando di descrivere nella sua fisica. Non appena ebbero modo di parlare, l'energia focalizzata di Bhom lo rese capace di penetrare e rimanere nell' “indicibile”, allo stesso tempo sollecitando il maestro indiano a chiarire ed espandere il suo insegnamento. […] Le sue conversazioni con il maestro indiano erano così importanti per Bohm che ogni anno lui e Saral andarono a Saanen, in Svizzera, dove Krishnamurti teneva i sui discorsi. Fu durante questo periodo che Bohm gli parlò di fisica. Krishnamurti non si soffermava molto sulla scienza, o su ciò che riguarda la musica, l'arte, la filosofia o la letteratura. In ogni caso avvisò Bohm di “cercare di cominciare dallo sconosciuto”. Per Bohm il tema cruciale era come dissolvere i compartimenti stagni della conoscenza e permettere che operasse qualcosa di nuovo e creativo.

Il pensiero è lo strumento grazie al quale la scienza va avanti, tuttavia, anche, il pensiero controlla il pensatore. La più profonda intuizione scientifica si manifesta, credeva Bohm, solo quando la mente raggiunge uno stato di così intensa energia che gli abituali modelli di pensiero sono dissolti. Il momento creativo di un Archimede, di un Newton o di un Einstein includono la stessa trasformazione di cui parlava Krishnamurti. […]

Egli chiedeva che il pensiero fosse spinto al suo limite, fino a quel punto in cui apre la strada a qualcosa d'altro. Bohm, in ogni caso, credeva che il pensiero avesse ancora un ruolo significativo da giocare. Quando “era portato all'interno dell'ordine”, poteva essere un valido strumento. Pensare era il centro della sua vita, come avrebbe potuto portare avanti la fisica senza? Questa domanda continuava a confonderlo. […]
Bohm era consapevole di un'intensa, attenta capacità di osservazione in Krishnamurti. In particolare aveva notato l'attenzione che Krisnhamurti dava ai movimenti degli occhi. […]

Nel 1974, quando veniva a farmi visita da Ottawa, abbiamo passato diversi giorni a parlare di Krishnamurti. A quel tempo lo provocavo, nello spirito amabile della nostra conversazione, che fino a quando egli stesso non avesse sperimentato lo stato di cui Krishnamurti parlava, la sua discussione sulla trasformazione era ipotetica e vuota. A questo replicò: "beh, lasciamelo dire, ho visto alcune delle cose di cui parla Krishnamurti. Ho guardato la realtà e ho visto che è un'illusione.” 
Molti si sono meravigliati dell'estensione del coinvolgimento con il maestro indiano. La sua comprensione di Krisnamurti era puramente “intellettuale” o dovette anch'egli entrare in uno stato di trasformazione?" […].

Bohm da parte sua arrivò a chiedersi perché tale trasformazione era accaduta solo a Krishnamurti…[…] era davvero libero dai condizionamenti? […]. Perché intorno a lui nessuno aveva sperimentato una trasformazione radicale della coscienza? Per Bohm la mente è “non locale”, perché la trasformazione non si era trasmessa? Nessuno dei suoi ascoltatori lo aveva ascoltato come si doveva? C'erano dei problemi nella sua comunicazione? C'era qualcosa d'incompleto nel suo messaggio? […]

Guardando al passato è difficile determinarlo, ma è certo che mentre alcuni dettero il benvenuto alla vicinanza tra Bohm e Krishnamurti, altri sarebbero stati felici di vedere il crearsi di un dissapore tra i due. […]
Verso la fine della sua vita per esempio[Bohm], parlò delle umiliazioni che aveva subito per mezzo di Krishnamurti il quale in sua presenza faceva delle battute taglienti sui “professori” e non aveva compreso l'importanza del lavoro di Bohm. Se solo, pensava Bohm, Krishnamurti avesse avuto la volontà di ascoltare le sue idee sull'ordine implicato, avrebbero magari trovato un modo di indagare ancora più approfondito. Forse l'idea dell'ordine implicato avrebbe aiutato le persone a comprendere quello che diceva Krishnamurti.

Tuttavia il maestro indiano non sembrò mai prendere troppo sul serio tali cose, definendole probabilmente un altro prodotto del pensiero. Se da un lato i confini del suo ego talvolta si dissolvevano in un'essenza o in piano ben più grandi, dall'altro l'immagine di Se impoverita di Bohm doveva essere difesa.

“Ora sono essenzialmente libero dai miei dolori [al petto ndt] così come sono libero, su K. e quello che dice, di prendere ciò che giusto e lasciare ciò che è sbagliato”
(da una lettera di Bohm del gennaio 1980)

Il pezzo è un mosaico di stralci tratti dal libro:
David Peat, Infinite Potential - The life and time of David Bohm - Perseus Publishing
1997
cura e traduzione di: Elsa Nityama Masetti



Un pensiero dal qui e ora.......... Osho

"Non sono qui per perpetuare il passato, perciò sono contrario a ogni tipo di conoscenza. Sono per l'imparare, ma imparare vuol dire innocenza, apertura, ricettività. Imparare vuol dire un approccio non egoistico alla realtà. Imparare vuol dire: "Non so, e sono pronto, sono pronto a sapere". Conoscenza vuol dire: "So già". La conoscenza è l'inganno più grande che la società crea nella mente delle persone."

Smetti di soddisfare le aspettative degli altri. Osho

CONSIGLIATO:
Smetti di soddisfare le aspettative degli altri, perché in questo modo puoi solo arrivare al suicidio. Non sei qui per soddisfare le aspettative di nessuno e nessuno è qui per soddisfare le tue. Non diventare mai vittima delle aspettative degli altri e non rendere nessuno vittima delle tue.

Questo è ciò che chiamo individualità. Rispetta la tua individualità e quella degli altri. Non interferire mai nella vita di qualcuno e non permettere a nessuno di interferire nella tua. Solo così potrai un giorno crescere e diventare spirituale.

Il novantanove per cento delle persone si suicida, la loro vita è un lento suicidio. Soddisfare queste aspettative, quelle aspettative… un giorno quelle del padre, un giorno della madre, un giorno della moglie, del marito, e poi dei bambini – anche loro si aspettano qualcosa. Poi c’è la società, i preti e i politici. Intorno a te, tutti si aspettano qualcosa. E tu, poverino, sei lì, un semplice essere umano – mentre il mondo intorno a te si aspetta questo o quello. E tu non puoi soddisfare queste aspettative, perché sono contraddittorie.

Sei diventato matto cercando di soddisfare le aspettative di tutti. E non ci sei riuscito. Nessuno è contento. Sei perso, esaurito, e nessuno è contento. Chi non è contento con se stesso non può essere contento di te. Qualunque cosa tu faccia, troveranno il modo di essere scontenti di te, perché non sono capaci di essere contenti.

La felicità è un’arte che va imparata. Non ha nulla a che vedere con ciò che fai o non fai. Invece di cercare di soddisfare gli altri, impara l’arte della felicità.

Fonte: tratto dall'ottimo sito http://eliotroporosa.blogspot.com/


lunedì 20 settembre 2010

I MISTERI DELLA FISICA QUANTISTICA

CONSIGLIATO:
Fonte: tratto dall'ottimo sito http://www.quieora.info/home/index.php

La fisica quantistica (la cui nascita si fa tradizionalmente risalire a Max Planck nel 1900) oltre a costituire la teoria fisica più accreditata e potente di cui oggi disponiamo è stata anche la maggiore rivoluzione intellettuale degli ultimi cento anni, che ha definitivamente fatto a pezzi un'idea radicata fin dai tempi di Aristotele: la fiducia nel senso comune.


Facciamo un piccolo esempio: una pallina da tennis lanciata contro una parete con due finestre può uscire passando attraverso l'una o l'altra finestra, ma non attraverso le due finestre contemporaneamente. Tuttavia, un elettrone che incontri una barriera con due fenditure, passa attraverso entrambe contemporaneamente. E non solo.
Nella fisica di Newton e di Maxwell un'onda e una particella sono due oggetti con proprietà differenti; nella meccanica quantistica un elettrone può rimbalzare come una particella e interferire con se stesso come un'onda. Il principio del terzo escluso va dunque a carte quarantotto nella teoria dei quanti, e insieme alla logica classica si devono rivedere profondamente anche altre strutture concettuali (in primo luogo quella di causalità) che contribuiscono a strutturare la nostra visione del mondo.
La fisica quantistica è arrivata a dimostrare che una minima azione su una particella ha immediatamente effetto sulla particella gemella anche se questa è stata spedita a miliardi di anni luce: è il fenomeno dell’ ”entanglement”.
In meccanica quantistica, secondo il famoso principio di indeterminazione di Heisenberg, è impossibile misurare con precisione, a un dato istante, sia la posizione sia la velocità di una particella. Ma immaginiamo una particella che si disintegri in due particelle, che schizzino via in direzioni opposte a uguale velocità: se misuriamo la posizione di una delle due particelle e la velocità dell'altra, riusciremo, unendo le informazioni raccolte, a conoscere sia la velocità sia la posizione di ogni singola particella.
Insomma, due particelle opportunamente predisposte - particelle entangled, come si dice - rimarrebbero soggette a "entanglement quantistico", un intreccio tra particelle, una «correlazione» a distanza che agirebbe in maniera istantanea: si verificano effetti non locali che ci obbligano a rivedere radicalmente la nostra concezione dello spazio e del tempo.



Nel 1982 un équipe di ricerca dell’Università di Parigi, diretta dal fisico Alain Aspect, ha condotto quello che potrebbe rivelarsi il più importante esperimento del ventesimo secolo. Aspect ed il suo team hanno infatti scoperto che, sottoponendo a determinate condizioni delle particelle subatomiche, come gli elettroni, esse sono capaci di comunicare istantaneamente l’una con l’altra, indipendentemente dalla distanza che le separa, sia che si tratti di dieci metri o di dieci miliardi di chilometri. E’ come se ogni singola particella sapesse cosa stiano facendo tutte le altre.
Le particelle subatomiche sono connesse non-localmente. Nel suo libro “La realtà quantistica”, Nick Herbert afferma che la non-localizzazione delle particelle spiegherebbe questa loro incredibile comunicazione non mediata né da campi né da nessun altro fenomeno (proprio perché le loro influenze e i loro contatti avverrebbero all’istante). Nessun filosofo e nessuno scienziato avrebbe mai pensato che le categorie di spazio e tempo, si sarebbero potute annullare così facilmente!

La più spettacolare applicazione del fenomeno dell'entanglement è il teletrasporto quantistico, una procedura che permette di trasferire lo stato fisico di una particella a un'altra particella, anche molto lontana dalla prima. Sembra un'idea concepibile solo in un film di fantascienza eppure, nel 1997 due gruppi di ricerca - uno diretto da Anton Zeilinger a Vienna, l'altro da Francesco De Martini a Roma - riuscirono a teletrasportare un singolo fotone. Nessuno sa con certezza se il teletrasporto si potrà realizzare anche per atomi e molecole, o addirittura per oggetti macroscopici, esseri umani inclusi. Ma questo primo passo già compiuto dischiude orizzonti inimmaginabili fino a pochi decenni or sono. La fisica quantistica rivelerebbe quindi una realtà molto diversa da quella che ci suggerisce la nostra esperienza sensoriale, e molto più ricca di mistero.

Il modello non-locale della realtà può addirittura condurre la fisica teorica verso quello che è stato il principale obbiettivo di Einstein: la definizione di una quinta forza, una superforza che racchiuda e spieghi in sé tutte le altre interazioni della natura.
Nel 1964 il fisico irlandese John Stewart Bell, dimostrò l’effettiva esistenza di un mondo non localizzato. In una prova matematica confermata da diversi esperimenti, chiamata “Teorema di Bell”, egli dimostrò che l’ipotesi secondo cui il mondo è intrinsecamente localizzato, è assolutamente errata. Se da tempi antichi, se non antichissimi, questa teoria si dà per scontata per lo meno in ambito esoterico, ai giorni nostri sono veramente tanti gli studiosi e i ricercatori all’avanguardia che cominciano ad appoggiarla: pensiamo a Capra, Bateson, Prigogine, Laszlo, Jantsch, Talbot ecc.. D’altronde anche eminenti fisici quali Einstein, Pauli, Bohr, Schrödinger, Heisenberg e Hoppenheimer non erano del tutto contrari ad una visione del mondo arricchita anche da una valenza prettamente spirituale.
Arrivare però a dire che la realtà è un’illusione confermando quanto vanno dicendo da millenni le tradizioni esoteriche, sia Occidentali che Orientali, è veramente rivoluzionario.
Colui il quale illustrò ancora più approfonditamente questa incredibile scoperta fu David Bohm, già collaboratore di Einstein e Professore di fisica teorica al Birbeck College di Londra. Bohm fu uno dei più illustri scienziati dell’era contemporanea. Costui, grazie al concetto di “ologramma” è riuscito a spiegarci in termini scientifici che cos’è il velo di maya di cui la filosofia indiana ha sempre parlato.
Dalle teorie di Bohm, si evince che le energie elettromagnetiche e l’intera realtà fisica, sono create dalla prodigiosa e “magica” natura delle particelle subatomiche, le quali, incredibilmente, si presentano sotto il duplice aspetto di particelle e di onde. Ciò permette a tali particelle di rimanere in contatto e di venire quindi informate a vicenda, indipendentemente dalla distanza che le separa, la quale dunque, a questo punto, è una pura illusione. Le distanze quindi, servirebbero alla mente, per organizzare meglio i dati sensoriali provenienti dal mondo “esterno”, esse però, tranne che nella costruzione di questo ordine mentale, non esistono in realtà.



In sostanza, secondo Bohm, le particelle non sono entità individuali ma estensioni di uno stesso organismo, e il fatto che appaiano separate, deriva dalla nostra incapacità di vedere la realtà nella sua interezza. Noi vediamo solo la parte e non il tutto, non riuscendo dunque a capire che il tutto è la parte e la parte è il tutto.
Immaginiamo un acquario, al cui interno sta nuotando un pesce. Noi non vediamo il pesce a occhio nudo ma solo grazie a due telecamere, una posizionata di fronte all’acquario, l’altra di lato. All’apparenza sembrerebbero due entità separate, due pesci diversi, uno visto da davanti, l’altro di lato ma guardandoli meglio potremmo scoprire un legame interessante: quando uno si gira, si gira anche l’altro. Ignari dell’esperimento, potremmo addirittura pensare che i due pesci comunicano tra loro, istantaneamente e misteriosamente. Il comportamento delle particelle subatomiche è altrettanto misterioso, e non fa che accreditare l’esistenza di un livello di realtà, del quale noi non siamo minimamente consapevoli.
Grazie agli ologrammi prodotti dal laser, Bohm, in sostanza, è arrivato a scoprire che la minima parte dell’ologramma di un oggetto contiene l’oggetto intero, come accade matematicamente nei frattali. Se noi produciamo l’ologramma di una rosa e poi scomponiamo in piccolissime parti quell’ologramma, non perderemmo mai l’oggetto nella sua interezza, pur avendolo più volte diviso! Esso infatti è contenuto in ogni singola frammentazione, in ogni – a questo punto apparente – divisione della rosa stessa.
La stessa capacità umana di attingere all’istante, ad un qualsiasi ricordo, tra miliardi e miliardi di informazioni contenute nel nostro cervello, non fa che avvalorare la non-localizzazione dei ricordi, e quindi la non “catalogabilità” del tempo.
Queste importanti rivelazioni di parte del mondo scientifico contemporaneo non sono che l’ennesima conferma di saggezze antiche e possono dunque dirigere il mondo intero verso una convivenza migliore.
Se tutto è connesso infatti è assolutamente controproducente da parte di un essere provocare il dolore o addirittura la morte di un altro essere. Ad un livello profondo di realtà che Bohm definirebbe “implicito”, è come far male a se stessi.

( Tratto da: Lucio Giuliodori.)


domenica 19 settembre 2010

ILLUMINAZIONE E FOLLIA tratto da http://www.dadrim.org/

Riporto di seguito una fantastica risposta ad una domanda posta da un lettore del sito http://www.dadrim.org/
 G. ha scritto: Ciao Dadrim, sai sono tre anni che divoro libri di meditazione, tra meditazioni riuscite e non, tra amore inviato ad altri, tra cui anche tanta sofferenza. Ora le mie meditazioni sono accompagnate da psicofarmaci perché ho sbroccato credendomi illuminato. Ti giuro, se non avessi trovato i libri di Osho mi sarei ributtato dai 30 metri a cui sono sopravvissuto a 18 anni. Ora sono stufo perché ho sofferto molto, da 17 anni ho avuto da impazzire, a tratti, per via dell'ascisc. Comunque, sia quel che sia, accetterò tutto. Ti volevo chiedere: può avvenire l'illuminazione prendendo psicofarmaci, dato che in meditazione riesco ad entrare?
Un saluto e grazie per lo spazio che ci dedichi.
Dadrim ha risposto: Caro G., non puoi chiedere a me dell'illuminazione: io non ne so nulla. Non sono un illuminato, pertanto non posso darti una risposta rispetto al fatto se tu possa o meno illuminarti prendendo psicofarmaci. Quel che ti posso dire è che dal mio punto di vista quando lavoriamo su noi stessi sperando di raggiungere l'illuminazione, la pace, ecc.., stiamo unicamente cadendo in un nuovo inganno. C'è chi insegue il denaro, chi il sesso, chi il potere e chi dio o l'illuminazione. Per me il problema non sta nell'oggetto che inseguiamo ma nell'atto stesso di voler inseguire qualcosa. Cerchiamo di raggiungere qualcosa unicamente quando vogliamo fuggire da ciò che siamo e dalla realtà che viviamo. Meditazione per me non significa ricercare la pace,  l'illuminazione..., ma smettere di fuggire in qualche desiderio futuro o sogno consolatore. Meditazione significa imparare a godere pienamente del presente, del semplice piacere che da il respirare, il camminare, il parlare con qualcuno, il sapere che si è vivi e non si sa perché. La meditazione sposta il nostro desiderio dal futuro al presente rendendoci finalmente capaci di essere reali, di godere la vita. Se ci pensiamo bene ogni desiderio che si muove nel futuro non è nulla di concreto, genera in noi unicamente tensione e speranza poiché forse si realizzerà o forse no. Inoltre ogni desiderio che rincorre un oggetto, una realizzazione futura, non appena ottiene ciò che vuole si dissolve lasciandoci vuoti, tristi. L'unico desiderio che non può lasciarci delusi, vuoti o in continua tensione, è quel desiderio che si appaga nell'esatto accadere dell'istante presente, è quel desiderio che desidera essere pienamente e incondizionatamente aperto a tutto ciò che il presente porta con sé.
Io non sono contro il desiderio, anzi, ritengo che questa stessa esistenza non sia nient'altro che desiderio che continuamente si appaga e rigenera in una possibilità di piacere sempre più vasta e profonda. Gli alberi desiderano danzare nel vento, spargere semi e moltiplicarsi, le stelle desiderano brillare nel buio degli spazi siderali, gli oceani desiderano creare il gioco delle maree, delle tempeste e dei loro abissi segreti. L'universo e le sue parti stanno continuamente desiderando ciò che vivono, per questo sono perennemente appagati e meravigliosi. Solo l'uomo continua a desiderare ciò che non ha, non è o non vive, e questo perché l'uomo è caduto vittima dell'idea di essere separato dalla vita e pertanto di dover lottare per sopravvivere. L'uomo lotta contro se stesso, conto la natura, contro i sui simili, contro la sua ombra, contro tutto, unicamente per poter affermare se stesso in un mondo che senza tregua gli ricorda che quel “se stesso” non ha alcun valore e potere perché è unicamente un fenomeno parziale e contingente. L'idea che abbiamo di noi stessi non nasce con noi e non va oltre la morte. L'idea che abbiamo di noi stessi è il prodotto di un ambiente che non ha saputo accoglierci per quel che eravamo, che non ha saputo amarci e permetterci di sentire che prima di ogni idea di fare, studiare, divenire nella società, eravamo pienamente accolti per il semplice fatto di essere, di essere vita, mistero, miracolo, occhi spalancati che guardavano colmi d'amore e fiducia ogni cosa. L'ego è il prodotto di un amore negato, violentato, soffocato, ingannato, è l'idea di dover divenire qualcosa o qualcuno per poter essere. Ecco allora che il pensiero strategico, “futuristico”, finalizzato, competitivo, diviene sempre più astuto, perfezionato e violento o fantastico. Ma tutto ciò è solo un inganno poiché nulla ci potrà donare quella pace e quell'amore che portavamo con noi in origine poiché non è un qualcosa che possa essere conquistato ma un qualcosa che deve essere riscoperto. Quel qualcosa siamo noi stessi, è la nostra natura intrinseca, è la nostra essenza. L'unico problema sono le mille idee e le mille forze che abbiamo creato nella nostra coscienza nel tentativo di rispondere alle idiote richieste di una società e un ambiente esterno alienato e ingannevole perché in se stesso ingannato. Non vi è alcun dio da raggiungere, non v'è alcuna illuminazione da sperare. Io credo che tutto sia qui ed ora nell'esatto istante in cui smettiamo di volerci diversi da quello che siamo o di volere gli altri ed il mondo diversi da quello che sono. Il mondo è perfetto così com'è, gli uomini sono perfetti così come sono, il problema è che sono convinti di dover andare chissà dove o dover raggiungere chissà cosa. Ma cosa v'è da raggiungere? In pochi anni per tutti sopraggiunge la morte e con lei la fine di ogni megalomania. Che senso ha vivere per raggiungere qualcosa? Si vive per il puro piacere di vivere: tutto il resto è solo un dono. Va bene progettare, creare nuove tecnologie, fare sogni sul futuro, amarsi , fare figli; è tutto meraviglioso, ma unicamente se si vive tutto ciò come un dono della vita, come un qualcosa che non serve a noi per sentirci qualcuno, ma che noi serviamo perché stupiti da tanta meraviglia per nulla scontata.
La meditazione per me è qualcosa che ci aiuta ad uscire dalle illusioni della mente, dall'affanno del dover raggiungere per poter essere. L'illuminazione e la meditazione, se fraintese, possono divenire l'ultimo e il più potente ego trip di un uomo. Io mi considero un osservatore, uno scopritore di se stesso che compie unicamente quei passi che la consapevolezza gli permette. Cerco di vivere quel che c'è dentro e fuori di me, senza nasconderlo, modificarlo, reprimerlo e soprattutto senza farmici ossessionare. In me scorrono mille pensieri, emozioni, turbamenti, sogni e immagini, belli, brutti, sensati, folli, ma tutto ciò non è il mio essere, poiché ciò che può essere visto non può essere colui che vede e che vive tutto quel che accade. Ecco allora che se rimango sempre più indifferente a tutto ciò che muta e pongo sempre più energia in colui che osserva, i pensieri si fanno più deboli, distanti, le emozioni si placano e sopraggiungono momenti di quiete immotivata. Ma tutto ciò non è frutto del desiderio di voler raggiungere chissà cosa o di volere pace e gioia, ma è il frutto della comprensione che tutto ciò che per molto tempo ho inseguito e ricercato non mi potrà mai appagare. Allora che fare? Nulla! Semplicemente si rimane sempre più quieti in quel che accade nel presente, ci si rilassa in quel che c'è, poiché tutto ciò che si voleva si è rivelato effimero o ci ha appagati sino al punto di non volerlo più. La meditazione non è un desiderio ma la conseguenza della comprensione che nel semplice ascolto del proprio respiro, del vento che accarezza la pelle, della voce di un amico che si accompagna a noi in una passeggiata o delle risa di un bambino che gioca su uno scivolo v'è molta più pace e serenità che in qualunque altro sforzo o obbiettivo egoico.
Siamo capaci di rendere anche la meditazione e la realizzazione di sé una fatica e una fuga dalla realtà. Guarda cosa abbiamo creato con l'idea di Dio, con le religioni e la giustizia sociale: guerre, guerre e ancora guerre!
Gli psicofarmaci servono all'individuo quando la mente prende il sopravvento. Dal mio punto di vista la meditazione non centra nulla con la mente e, pertanto nemmeno con i farmaci. Il problema però sta in cosa intendi per meditazione poiché se questa è il prodotto di un desiderio della mente le cose si metteranno sempre peggio.
Dici che Osho ti ha salvato dal gettarti nuovamente da trenta metri e ci credo! Per l'esperienza che ho avuto io anche la sola lettura di Osho può essere una meditazione. I discorsi di Osho sono formulati in modo tale da non permettere alla mente di schierarsi, di rafforzarsi, di ingannarsi e perpetrarsi. Portano ad un dolce e lento dissolvimento del pensiero esposto alla forza di una consapevolezza sempre più vasta.
Se ami i sui discorsi lasciati trasportare, leggili e rileggili per il puro piacere di ascoltarli, senza fine alcuno: lui stesso lo ripeteva in continuazione, quindi credo tu capisca cosa voglio dire. Lentamente vedrai che tutte quelle parole in realtà sono vuote, non ti vogliono comunicare nulla di oggettivo, nulla da raggiungere, ma ti vogliono semplicemente lasciare in compagnia di te stesso e del puro piacere di essere.
Credo che già questa sia una meditazione stupenda. Diversamente non so cosa intendi quando dici che riesci ad entrare in meditazione, poiché se tu riuscissi ad entrare in quello stato meditativo che io intendo non avresti bisogno di psicofarmaci.
Quel che mi sento di dirti è di non cadere nell'illusione dell'illuminazione o di qualunque altra meta che sta nel futuro e che genera solo tensione, credo che tu ne abbia già vissuta abbastanza. La meta non è alla fine del viaggio ma è il viaggiatore stesso. La pace e la gioia non sono condizioni di assenza di dolore e confusione, ma condizioni di un'anima che sa rimanere centrata nella sua capacità di osservare e lasciar andare ogni cosa.
Per me le meditazioni più belle e potenti sono quelle che coinvolgono totalmente l'individuo a partire dal punto in cui questo si trova. Il sesso può essere una meditazione e se leggi Osho sai cosa intendo. La corsa, il nuoto, la risata, il porre la propria attenzione sul respiro che entra e che esce dalle narici, il giocare a pallone, a tennis, con i propri figli al parco, tutto ciò che ci da gioia può divenire la più potente meditazione se fatto con totalità.
Tutto ciò che ci fa sentire tesi e seri non è meditazione ma un trip dell'ego che inganna se stesso.
L'illuminazione non so cosa sia, ma sento che più trovo motivi per gioire nel presente di piccole e semplici cose, e meno trovo motivi per angosciarmi e tendermi verso un futuro evanescente, più sono in pace con me stesso e tutto quel che mi circonda.
L'ultimo consiglio che mi sento di darti è quello di immergerti sempre più profondamente in tutto ciò che ti fa sentire sereno e innamorato del presente e nel presente, qualunque cosa sia: il resto è solo un ego trip.
Un abbraccio,
Dadrim
Fonte: tratto dal consigliatissimo sito http://www.dadrim.org/

LA NUDA VERITA'... una frase di Seng-Ts’an

Se vuoi raggiungere la nuda verità, non preoccuparti di giusto o sbagliato. Il conflitto tra giusto e sbagliato è la malattia della mente”.
Seng-Ts’an

UNA FRASE DI EINSTEIN... SU DIO... SULLA MENTE...

CONSIGLIATO:
La più bella e profonda sensazione che noi possiamo provare è la sensazione del mistico. E questo misticismo è ciò che sta alla base di tutta la vera scienza. Se esiste un concetto come quello di Dio, allora è un sottile spirito, non l’immagine dell’uomo che così tanti hanno fissata nella loro mente. Nella sua essenza, la mia religione consiste in un’umile ammirazione per questo infinito e superiore spirito che rivela se stesso nei minimi dettagli che noi siamo capaci di percepire con le nostre deboli e fragili menti”.
A.Einstein


martedì 14 settembre 2010

Aforisma Osho... consapevolezza consapevolezza consapevolezza

Non sono qui per darti un dogma; un dogma ti fa sentire sicuro. Non sono qui per darti una qualsiasi promessa per il futuro; ogni promessa ti dà sicurezza. Sono qui solo per renderti vigile e consapevole, cioè per farti essere qui e ora, con tutte le incertezze e le insicurezze di cui è fatta la vita, con tutti i pericoli. OSHO
 

lunedì 13 settembre 2010

Non farsi inutili seghe mentali è molto zen...

CONSIGLIATO:
Zen
Autori Vari

Un maestro offrì al suo discepolo un melone.
" Come ti sembra? " gli domandò, " Ha gusto? "
" Oh, si! Un gusto squisito! " rispose il discepolo.
Il maestro gli pose allora questa domanda:
" Dov'è il gusto, nel melone o nella lingua? "
Il discepolo rifletté e si addentrò nei meandri di un complesso ragionamento:
" Il sapore deriva dall'interdipendenza, non solo tra il gusto del melone e quello della lingua, ma anche dall'interdipendenza tra... ".
" Stolto! Tre volte stolto! " lo interruppe il maestro, in un impeto d'ira. " Perché complichi il tuo modo di pensare? Il melone è buono. Basta questo per spiegarne il gusto. La sensazione è buona. Di altro non c'e bisogno".
(Tratto da: "La tazza e il bastone. Storie Zen Narrate dal Maestro Taïsen Deshimaru")
Aggiungerei: mangia e non rompere le palle con l'interdipendenza...il maestro zen lo avrà pensato di certo...



IL VERO ASCOLTO... Osho



Se ascolti in base a pregiudizi di ogni tipo, quello è il modo sbagliato di ascoltare; in realtà è un modo di non ascoltare. Apparentemente stai ascoltando, ma in effetti stai solo sentendo, non ascoltando. Giusto ascolto vuol dire che hai messo da parte la mente. Non significa che diventi uno sprovveduto e che credi a tutto ciò che ti dicono. Non ha nulla a che fare col credere o col non credere. Giusto ascolto vuol dire: “In questo momento non mi preoccupo di credere o non credere. Non è una questione di accordo o disaccordo. Cerco semplicemente di ascoltare ciò che è. Deciderò in seguito ciò che è giusto o sbagliato. Deciderò in seguito se seguire o se non seguire”.

E la bellezza del giusto ascolto è questa: la verità ha una musica tutta sua. Se ascolti senza pregiudizi, il tuo cuore ti dirà se è vero oppure no. Se è vero, sentirai una risposta vibrare nel tuo cuore. Se non è vero, rimarrai freddo, distaccato, indifferente; nessun suono risuonerà nel tuo cuore, non accadrà alcuna sincronicità. La qualità della verità è proprio che, se l’ascolti con un cuore aperto, crea subito una risposta nel tuo essere – il nucleo più profondo di te ne viene rafforzato. Iniziano a spuntarti le ali e scopri che il cielo è tutto a tua disposizione.

Non è una questione di decidere con la logica se ciò che viene detto è vero o falso. Il punto è l’amore, non la logica. La verità crea immediatamente amore nel tuo cuore; qualcosa in te viene stimolato in modo molto misterioso.

Ma se ascolti nel modo sbagliato – cioè colmo della mente, colmo di spazzatura, colmo di conoscenze – allora non permetterai che il cuore risponda alla verità e perderai una possibilità straordinaria, perderai la sincronicità. Il cuore era pronto a rispondere alla verità… Può rispondere solo alla verità, ricorda, mai a ciò che è falso. Di fronte alla falsità rimane silenzioso, insensibile; non ne viene toccato né può risvegliarsi. Di fronte alla verità inizia a danzare, a cantare, come se di colpo il sole fosse sorto e la notte fosse scomparsa, come se gli uccelli si fossero messi a cinguettare e fossero sbocciati i fiori di loto, come se tutta la terra si fosse risvegliata.


Osho, Excerpted from: The Dhammapada: The way of the Buddha, Vol.7 chapter 9